Sistema Montante, l’arringa dell’avvocato Taormina «Pena da contrappasso. Resta un vessillo antimafia»

«È una richiesta di condanna che ha quasi il sapore del contrappasso». Così l’avvocato Carlo Taormina il legale dell’ex numero uno di Confindustria Sicilia Antonello Montante a conclusione della sua arringa difensiva che si è tenuta oggi al tribunale di Caltanissetta durante l’udienza sul processo che riguarda il sistema Montante che si sta celebrando con il rito abbreviato. Lo scorso 23 aprile, la procura ha chiesto una condanna a dieci anni e sei mesi per l’imprenditore originario di Serradifalco (in provincia di Caltanissetta) che è accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione

«Montante ha operato all’insegna dell’antimafia quasi per dieci anni e mezzo e pare che la pubblica accusa si sia ispirata a questo concetto: dieci anni e mezzo hai governato, dieci anni e mezzo stai in galera. Forse è una casualità ma a me è venuto in mente proprio questo». È la dantesca legge del contrappasso – il principio che regola la pena per analogia a essa – a ispirare i sospetti dell’avvocato Taormina che poi, seguendo la linea difensiva scelta, ha sottolineato che le accuse di mafia siano ormai cadute. «Qui c’è anzitutto da prendere atto – continua il legale – che da un punto di vista di implicazioni di carattere mafioso non ce ne sono assolutamente. Si tratta poi di capire se, all’interno di questo percorso, ci possano essere state delle situazioni che non siano andate secondo quello che avrebbe voluto la legge e questo sarà oggetto di accertamento». 

Insomma, per Taormina, Antonello Montante resta un simbolo dell’antimafia. «Rivendichiamo la titolarità in capo a Montante di essere stato e di essere ancora il vessillo dell’antimafia e chi lo vuole abbattere è il potere mafioso che è riemerso, purtroppo allineato a quello giudiziario che, inconsapevolmente, sta dando un forte contributo alla sua vittoria». Il legale è poi tornato a parlare anche dello stato di salute dell’ex leader di Sicindustria. «È veramente costernato, depresso, sta molto male anche fisicamente ma soprattutto è tormentato da questa accusa che lo ha fatto diventare da vessillo dell’antimafia a mostro addirittura colorato di mafia».

L’avvocato Taormina si è detto poco fiducioso sulla sentenza ma «convinto che questo processo avrà una svolta nel prossimo futuro perché qui c’è una interpretazione dei dati di carattere ideologico che ha portato a scambiare ciò che veramente era antimafia con qualcosa di diverso. Sta di fatto che contro la mafia non si muove nessuno». Il legale ha anche fanno un accenno alla questione della sede del processo. Lo scorso gennaio, infatti, la difesa ha chiesto che il procedimento venisse spostato per legittimo sospetto. In sostanza, perché a Caltanissetta i giudici non avrebbero avuto la necessaria serenità di giudizio. Il mese dopo, però, la Suprema corte ha ritenuto inammissibile la richiesta e ha deciso che il giudizio poteva proseguire nel tribunale nisseno. «Questa – conclude ora Taormina – non era la sede per poter fare il processo perché questi magistrati sono condizionati dalla preoccupazione che essere stati vicini a Montante per tanti anni possa essere stato qualcosa che oggi si possa ritorcere contro di loro. Una serie di comportamenti che naturalmente non consentono un giudizio sereno»

Marta Silvestre

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