La capitale dell’accoglienza, Palermo, ha comunità straniere più o meno presenti. Tra le più silenziose, e allo stesso tempi tra le più operative, c’è sicuramente quella filippina. Che oggi ha incontrato il Sinalp Sicilia (la confederazione sindacale nazionale autonoma dei lavoratori e dei pensionati) presso il salone della chiesa di santa Lucia, alla piazza della Pace. La comunità filippina storicamente è ben radicata nel territorio essendo stata una delle prime a raggiungere l’Italia.
Al primo gennaio 2017 i filippini rappresentano la quinta comunità per numero di regolarmente soggiornanti: sono 162.469 i cittadini filippini titolari di un permesso di soggiorno valido, ovvero il 4,4 per cento del totale dei cittadini non comunitari in Italia. Il Sinalp Sicilia, da sempre attento alle dinamiche sociali scatenate dalla sempre maggiore presenza nella nostra regione di cittadini extracomunitari con il conseguente rischio di una guerra sociale tra poveri e svantaggiati, ha ritenuto importante e necessario incontrare la comunità orientale che è tra le più numerose ed integrate, per capire come si è sviluppata ed evoluta la loro presenza e lavorare sul loro modello di integrazione per esportarlo verso le altre comunità di stranieri immigrati di più recente arrivo.
Andrea Monteleone, segretario regionale del Sinalp, ha evidenziato l’importanza della scolarizzazione e della qualificazione professionale per accedere nel difficile mondo del lavoro e ha evidenziato che l’inserimento dei minori filippini nel circuito scolastico italiano risulta particolarmente elevato e sopra la media tra i minori non comunitari. Infatti, il 73 per cento circa dei minori filippini frequenta scuole italiane, contro una media, rilevata sui non comunitari complessivamente considerati, pari al 65%.
D’altra parte sono ancora tanti i Neet, ovvero i giovani tra i 15 ed i 29 anni che si trovano al di fuori del circuito scolastico, formativo e lavorativo. Per la comunità filippina sono pari a 5.189 ragazzi, che corrispondono al 2,1 per cento dei Neet di origine non comunitaria. Su questi ragazzi, ha dichiarato ancora Monteleone, «bisogna lavorare affinché vengano recuperati e reinseriti nei circuiti virtuosi di integrazione, scuola e formazione professionale, formando futuri cittadini integrati e non ghettizzati».
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