Silvestro Nicolaci, gioie e dolori dell’essere fumettista «Italia indietro nel dare giusto valore al nostro lavoro»

Il prossimo artista che incontriamo è Silvestro Nicolaci, illustratore e disegnatore classe 78, attivo soprattutto sul mercato francese e in quello del fumetto d’autore italiano. Come molti altri autori, anche lui nasce come appassionato di fumetti e si approccia al mondo dell’Arte Sequenziale con l’idea che i fumetti siano uno strumento capace di aprire le menti al pari della letteratura. È tra i primi allievi di Marco Failla quando quest’ultimo torna dalla Scuola del Fumetto di Milano portando in Sicilia quel metodo di studio all’interno di un corso propedeutico locale, in seguito valuta di andare fuori per completare gli studi.

Dopo aver analizzato le uniche possibilità dell’epoca, ossia Roma e Milano, decide in favore di quest’ultima basandosi sulla serietà didattica derivante dall’impegno intensivo e prolungato. «Sono partito in cerca di serietà scegliendo la più antica realtà nazionale», racconta parlando del periodo, tra il 1999 e il 2002, in cui studia a Milano sotto la guida di Giuseppe Quattrocchi pubblicando, proprio con la scuola nel 2002, il libro illustrato Orfeo che ne segna l’esordio nel mondo dell’illustrazione e del fumetto.

Nella città meneghina inizia la propria carriera nel campo dell’insegnamento lavorando sulla didattica del fumetto, ancora prima di iniziare a pubblicare, tenendo il corso di fumetto amatoriale proprio presso la scuola di Milano, restando quindi molti anni nel capoluogo lombardo. Lungo il proprio percorso artistico Silvestro matura una personale concezione della didattica del fumetto e della sua realizzazione in cui «lo Storyboard è il cuore del disegno fumettistico, è l’elemento che dà ritmo, regia e grafica alla storia […] tutto ciò che riguarda il raccontare bene a fumetti si concentra nello Storyboard e nella Gabbia, che è il cuore del fumetto stesso, tanto che trovare quella giusta è sinonimo stesso del luogo in costruire Arte Sequenziale così come il palcoscenico lo è per il teatro».

Sia sceneggiatore che disegnatore, negli anni lavora con Piemme edizioni e con numerosi editori in Francia, il primo mercato europeo del settore. «Il dove vivi al giorno d’oggi non ha più importanza, non è una discriminante se hai la voglia e la costanza per entrare e lavorare in questo mondo, anche perché la scuola del fumetto, di Milano o di Palermo che sia, ha come politica quella di portare i ragazzi alle fiere in tutta Italia per abituarli al settore. Inoltre la sede locale garantisce una serietà e una professionalità rari nel resto della penisola, riservando alla città una certa importanza nel panorama nazionale e internazionale», ci dice parlando del mercato di settore nel nostro Paese e nella nostra città.

«Imparare a disegnare è alla portata di tutti, il disegno è matematica applicata. Essere un buon professionista invece dipende dalle testa, dalla capacità di alienazione necessaria per disegnare in maniera continuativa. In questo mestiere è importante distaccarsi dal lavoro che stai svolgendo per riuscire a essere realmente professionale», aggiunge, parlando di come un disegnatore dovrebbe, secondo lui, approcciarsi al lavoro per riuscire a emergere come professionista. Purtroppo «nel riconoscere il valore del nostro lavoro o della nostra professionalità l’Italia è ancora provinciale e Palermo lo è ancora di più rispetto anche a un piccolo centro della Francia, dove essere un fumettista è una professione riconosciuta dalle altre persone al pari di quella dello scrittore o del giornalista. Anzi, in alcuni casi possiede un prestigio anche maggiore», ci rivela analizzando come la gloriosa tradizione nazionale nel settore del fumetto sia misconosciuta o venga ancora trattata con superficialità.

«Esiste un abisso enorme tra noi e la Francia, che ha molti più editori di settore, dove una tavola viene pagata da 150 euro a salire ed è più facile apprezzino approcci diversi, stilistici e contenutistici, ripeto agli editori nostrani. […] Autori quotati come Barbucci e Canepa sono andati in Francia per poter pubblicare il loro Skydoll con Soleil, muovendosi in un mercato molto più aperto del nostro. Gli stessi autori italiani, di cui Gipi è l’esempio migliore, hanno bisogno di essere acclamati in Francia prima di essere riconosciuti qui in Italia. Nel nostro paese viene spesso richiesto di presentare progetti completi, il che lascia gli autori anche mesi senza risorse economiche durante la lavorazione, mentre in Francia nei contratti sono ovviamente previsti degli anticipi sui lavori». Una lunga riflessione su come il nostro modo di vedere e percepire una risorsa in piena espansione sia ancora legato a logiche editoriali inconciliabili con il mondo che cambia, richiedendo più tutele nei confronti dei freelance in questo come in molti altri settori di una economia ormai fortemente basata, grazie a Internet, su un comparto del terziario avanzato rimasto privo di ogni tutela.

Francesco Lodato

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