Dopo il caso della bambina morta per avere preso parte a una sfida estrema su TikTok, la lente dell’opinione pubblica è ancora una volta puntata sul web e lo stesso fa anche la politica. La tragedia palermitana ha riportato a galla tutte le criticità normative in ambito di sicurezza per i minori che ogni giorno passano sempre più tempo in rete. Una di queste è quella che vede la Sicilia in solitaria all’ultimo posto tra le Regioni italiane nella redazione per una propria legge contro il cyberbullismo. «La legge nazionale risale al 2017 – spiega a MeridioNews Lino D’Andrea, garante per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – Da quel momento ogni Regione è stata obbligata ad attrezzarsi con una legge propria. La Sicilia è rimasta l’unica a non averlo fatto».
E dire che la legge regionale sulla carta esiste, è già stata messa nero su bianco, ma da quel momento, anziché passare al vaglio di sala d’Ercole, se ne sono perse le tracce. «Doveva andare in approvazione, se non ricordo male, nel maggio dell’anno scorso – continua D’Andrea – poi il Covid e altre cose hanno fatto mettere nel cassetto questa legge, che già è pronta e ha una buona condivisione». Una norma che «garantirebbe dei fondi del bilancio regionale stanziati ogni anno e quindi consentirebbe azioni mirate nella prevenzione, oltre che nel contrasto. La legge nazionale nasceva in risposta al problema del cyberbullismo, poi negli anni è stata modificata aprendosi in direzione dell’educazione digitale. I problema infatti non è il cyberbullismo in sé, ma la non educazione al digitale. Pochissimi per esempio sanno che prima dei 14 anni non possono avere account sui social».
Educazione che verrebbe sì rivolta ai più giovani, ma non solo. Non vanno neanche sottovalutate le responsabilità degli adulti «Il fenomeno è prettamente rivolto agli adolescenti – spiega ancora il garante – Ma la legge prevede l’educazione digitale anche per genitori e insegnanti, perché per potere educare devi essere educato. Oltre a garantire ragazzi e ragazze, è previsto anche che ci sia un osservatorio permanente. Con la possibilità di redigere un piano annuale, infatti, ci saranno finalmente elementi che metteranno nelle condizioni di avere il fenomeno sotto osservazione, costantemente, non solo quando succede qualcosa di terribile come due giorni fa».
«Abbiamo eliminato le piazze, intese come luogo di incontro fisico – prosegue D’Andrea – E le abbiamo sostituite con quelle virtuali. La differenza è che se prima eravamo educati a pensare molto di più prima di dire o fare quello che pensavamo, anche condizionati dalla persona che avevamo di fronte. I ragazzi non sanno usare il digitale in maniera sicura e non c’è assolutamente nessuna azione educativa che li metta nelle condizioni di farlo. Internet è uno strumento incredibile, ma l’abbiamo subìto, tanto noi adulti quanto i più giovani. Non c’è stato un passaggio intermedio per cui i genitori o la scuola abbiano potuto prepararsi per educare all’utilizzo di questo mezzo con l’esempio quotidiano».
In Sicilia esiste già un tavolo tecnico per lo studio del fenomeno, tavolo di cui il garante dei minori è stato promotore. «Ormai da circa due anni lavoriamo e ci coordiniamo rispetto a quelle che sono le attività legislative e nel 2019 abbiamo non solo sollecitato, ma anche partecipato alla stesura della legge – conclude D’Andrea – Purtroppo siamo ancora l’ultima Regione a dovere approvare il testo. Dopo l’ultimo episodio vedo che la politica si esprime sdegnata per quando successo. Spero che pensino anche ai fatti concreti».
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