In Sicilia tre bambini su dieci sotto i 15 anni hanno difficoltà di lettura. Quattro su dieci non raggiungono le competenze minime in matematica. Peggio fa solo la Calabria. La top five delle classifiche dei più somari è completata da altre regioni meridionali: Campania, Sardegna, Abruzzo e Basilicata. Il Sud sprofonda in uno stato di arretratezza dove la povertà economica genera povertà educativa e viceversa. In un circolo vizioso che è forse la ragione fondante della sua crisi apparentemente irreversibile. L’impietosa fotografia la fornisce il report di Save the children, Illuminiamo il futuro 2030.
«La povertà materiale di una generazione – si legge – si traduce spesso nella privazione di possibilità educative per quella successiva, determinando nuova povertà materiale e di rimando nuova povertà educativa, e così via». L’organizzazione non governativa, però, individua alcune soluzioni per spezzare la catena che tiene unite povertà e ignoranza. Interventi che non dipendono dalle famiglie dei minori, ma dallo Stato e quindi dalla società in cui vivono. E, numeri alla mano, dimostra che i bambini che possono usufruire di servizi degni di questo nome – come l’asilo nido, una scuola strutturalmente efficiente, il tempo pieno, la disponibilità di internet anche a casa – ottengono risultati migliori, nonostante le difficili condizioni economiche in cui vivono.
Nel Nord e nel Centro Italia la percentuale di adolescenti in famiglie maggiormente svantaggiate che non raggiungono le competenze minime in matematica si attesta tra il 26,2 per cento ed il 31,2 per cento. Il dato aumenta sensibilmente nel Sud e nelle Isole, dove raggiunge rispettivamente il 44,2 per cento e il 41,9 per cento. Situazione analoga anche per i livelli minimi in lettura: se nel Nord il 22 per cento dei minori è in povertà educativa, lo è il 34,5 per cento nel Sud e nelle Isole.
Per povertà educativa si intende «la privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni». Con conseguenze negative su altre capacità fondamentali per la crescita di un individuo: sia su quelle non cognitive – come motivazione, autostima, capacità di affermare obiettivi, aspirazioni, sogni -, sia per quelle relazionali e sociali: cooperazione, comunicazione, empatia. Lo studio dimostra che i ragazzi e le ragazze con difficoltà in matematica o nella lettura che vivono in condizioni socio economiche svantaggiate trovano anche più ostacoli nello stare con gli altri, farsi degli amici e vincere la solitudine. Tuttavia nascere in una famiglia disagiata non dovrebbe automaticamente segnare il futuro dei minori, in una sorte di lotteria sociale che dipende dalla provenienza sociale, geografica o di genere. «L’esperienza – si legge nel report – insegna che è possibile attivare percorsi di resilienza tra i ragazzi maggiormente a rischio. I dati indicano che una maggiore offerta di servizi educativi di qualità, soprattutto a quei bambini che vivono una situazione di oggettivo svantaggio, è significativamente associata ad una minore povertà educativa».
Per prima cosa la possibilità di andare all’asilo. «I dati Pisa (il Programma dell’Ocse per la valutazione internazionale dell’allievo ndr) mostrano che i ragazzi appartenenti alla fascia delle famiglie più povere, ma che hanno frequentato almeno un anno di scuola dell’infanzia, superano significativamente i livelli minimi di competenze sia in matematica che in lettura, a differenza dei loro compagni che non hanno mai frequentato la scuola. Un dato che conferma il ruolo centrale dell’investimento educativo, in particolare nei primi sei anni di vita». Opportunità che nelle città siciliane è sempre più rara, a causa dei tagli ai servizi sociali. Nell’Isola solo il 6 per cento dei bambini tra 0 e 2 anni riesce ad andare al nido o usufruire di servizi integrativi.
Secondo fattore è la presenza del tempo pieno nella scuola primaria e secondaria, sia per le attività didattiche, sia per quelle extra-curriculari. In Sicilia il 92 per cento delle classi della scuola primaria e il 79 per cento di quella secondaria non lo offre. A questo si aggiunge che circa la metà delle scuole italiane non è in possesso di un certificato di agibilità o abitabilità (45 per cento), più di un edificio su due (il 54 per cento) non ha un certificato di prevenzione incendi, il 32 per cento manca del collaudo statico. In un Paese nel quale circa il 40 per cento degli edifici scolastici è situato in zone a rischio sismico (la metà dei quali al Sud) e il 10 per cento in aree a rischio idrogeologico. Una variabile importante nel livello di povertà educativa è la possibilità di usufruire di internet. In Italia il 45 per cento dei ragazzi in scuole con connessioni internet carenti non raggiunge le competenze minime in matematica ed il 41 per cento in lettura, mentre tale percentuale si riduce a 43 per cento e 28 per cento se le scuole sono adeguatamente connesse.
Il report dimostra infine come leggere e svolgere un’attività sportiva permetta di ottenere risultati migliori anche a scuola. Ben il 48 per cento e il 42 per cento dei ragazzi che hanno meno di dieci libri a casa non raggiungono i livelli minimi in matematica e lettura, una percentuale quasi doppia rispetto a chi tra le pareti domestiche può fare affidamento su più di 25 libri (26 per cento e 22 per cento). Ma sport e lettura in Sicilia non trovano spazio tra i ragazzi. Nell’Isola otto minori su dieci non hanno accesso ad attività ricreative, sportive, formative e culturali. In particolare il 67,5 per cento non ha letto neanche un libro nell’anno precedente, il 61,2 per cento non ha svolto alcuna attività sportiva. Mentre il 77,6 per cento non ha visitato un sito archeologico e il 72 per cento un museo, occasioni che – dimostra lo studio – incidono sulla povertà educativa. Ecco perché un ragazzo di 15 anni che vive in Sicilia ha il triplo delle probabilità di non raggiungere le competenze minime in matematica rispetto a un coetaneo di Trento.
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