Sicilia ingovernabile se non cambiano i siciliani

Sabato sera, a Palermo, presso la Sala Gialla di Palazzo Reale, sede dell’Assemblea regionale siciliana, si è concluso lo XI stage della ‘Libera università della politica’, con la partecipazione dei rappresentanti  di  tutte le forze politiche presenti in Sicilia. Unica assente Sinistra ecologia e libertà.
La relazione introduttiva è  stata  svolta  dal  giornalista  Antonio  Calabrò, seguito dall’esposizione dei  dati  demoscopici, rilevati dall’istituto ‘Demopolis’ e illustrati dal suo presidente, Pietro Vento.
Da questi dati si ricava  che dei 4 milioni e cento mila elettori siciliani ne andranno a votare  2milioni e 400 mila; di questi,  appena un milione e 450 mila sanno già per chi votare. Cioè appena il 58 per cento andrà a votare e meno di un terzo ha già idea per chi.

Dati allarmanti – ammesso che siano totalmente veri – conseguenti allo squallido spettacolo esibito nell’appena trascorsa legislatura sia dal governo Lombardo, sia dall’Assemblea regionale tutta. Questa sottolineatura è necessaria perché il dibattito che è seguito su questo tema non ha fatto registrare una sola parola da parte dei rappresentanti dei partiti, a dimostrazione che essi dei comportamenti e dei segnali che la società civile emette non ne tengono conto alcuno.

Calabrò con estrema naturalezza ha affrontato il tema  centrale dello stage: “Quale politica per salvare la Sicilia e l’Italia?”, dicendo in sintesi assai contenuta che qualunque cambiamento della politica in Sicilia dipende da un mutamento palingenetico dei siciliani, senza il quale le cose continueranno ad andare così come sono sempre andate. Un esempio: Nella Regione Emilia, a pochi mesi dal disastroso terremoto, i cittadini, gli imprenditori, il popolo tutto si è rimboccato le maniche ed ha ripreso, pur nelle difficoltà oggettive del disastro, a lavorare ed a produrre ricchezza. Anche se, va detto, da quelle parti non esiste la presenza soffocante della mafia che condiziona lo svolgimento della vita sociale, politica ed economica.

Il seguito della discussione ha visto protagonisti i rappresentanti dei partiti, i quali, a turno, hanno recitato la loro particina, chi lamentando l’arroganza del governatore Raffaele Lombardo nella gestione della politica regionale, segnalando ognuno la propria ricetta per rilanciare lo sviluppo economico della Sicilia attraverso la solita formuletta del turismo e delle infrastrutture e così via elencando.

Nessuno ha messo in evidenza le carenze strutturali del sistema politico così come si è venuto a determinare in Sicilia, sistema che è la causa prima del fallimento dell’Autonomia e dell’arretratezza economica. Va da sé che nessuno era in grado di lanciare la prima pietra, perché, a turno, nell’attuale legislatura tutte le componenti politiche presenti nell’Assemblea regionale hanno concorso a tenere in piedi una legislatura fallimentare e ben cinque governi regionali, uno più disastroso dell’altro.

Tra il primo ed il secondo giro di interventi dei rappresentanti dei partiti il cronista di Linksicilia ha posto loro due domande. Prima domanda: la legge elettorale siciliana che stata voluta per assicurare la governabilità. Peccato che la legislatura che si è appena conclusa ha fatto registrare l’avvicendarsi di cinque diversi governi e cinque diverse maggioranze. Tutto questo non ha provocato la fine anticipata della legislatura, anche per la solidarietà ‘coatta’ tra organo legislativo e organo esecutivo dovuta al fatto che se il primo vota la sfiducia al governo questo va a casa, ma va a casa anche tutta l’Assemblea regionale.

Seconda domanda: la base di spionaggio satellitare nella sughereta (area a vincolo naturalistico) di Niscemi da parte degli Stati Uniti. Istallazione – il famigerato Muos – che impedisce all’aeroporto di Comiso di avviare la propria attività commerciale, oltre che arrecare danni ambientali e conseguenze nocive alla salute dei residenti nelle zone limitrofe.

Le repliche del secondo giro di interventi si sono incentrate interamente su queste due questioni con la solita litania secondo la quale le leggi elettorali sono questioni delicate e quindi debbono essere ben ponderate e bla bla bla. Mentre si sottolineava una cosa assai semplice: se è il popolo che conferisce il potere di governo ad una persona è anche corretto dare al popolo il potere di revoca di tale potere tramite referendum. Va segnalato che l’unico che ha mostrato un certo interesse per la proposta è stato il rappresentante di Italia dei Valori.

Sul secondo argomento le osservazioni hanno riguardato il fatto che trattandosi di questioni militari è assai difficile intervenire, Gli unici che si sono pronunciati sul merito sono stati il rappresentante del Pid che ha ricordato un ordine del giorno votato dall’Ars con il quale è stato dato mandato al presidente della Regione di manifestare la contrarietà dell’Assemblea regionle siciliana a tale installazione e la rappresentante del Pd, che ricordato la contrarietà del suo partito verso quella installazione, perché non sono ancora abbastanza noti i guasti ambientali provocati da questi impianti nella zone del mondo dove sono già presenti.

Tutte motivazioni rispettabili, ma che non affrontano il dato centrale del problema: in Sicilia siamo stanchi di rappresentare un territorio terminale della strategia guerresca globale degli Stati Uniti d’America. E sarebbe proprio il caso che la Sicilia tutta si ribellasse a questo destino imposto e la sua classe dirigente si desse una mossa in tal senso.

In conclusione una nota, a margine dell’intero svolgimento dello stage. rivolta agli organizzatori: siete sicuri che i sei giorni di dibattito abbiano dato risposte al quesito di fondo “Quale politica per salvare la Sicilia e l’Italia?”.

Riccardo Gueci

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