Dopo il bollettino siccità, che l’Osservatorio Acque elabora ad inizio anno, anche a Palermo e provincia si fanno i conti con un anno particolarmente avaro di piogge. Il 2017 ha confermato la tendenza già espressa nel 2016, col risultato che l’anno appena trascorso è stato difficile dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico. Anche nello stesso capoluogo siciliano l’acqua è stata razionata. Ma, coi presupposti dell’analisi delle precipitazioni del 2017, il rischio è che il 2018 sarà ancora più complicato.
«Tutti gli invasi del palermitano sono già oggi a livelli molto bassi – conferma Luigi Pasotti, dirigente regionale dell’unità operativa climatologia dell’Osservatorio Acque -. Dalla diga di Rosa Marina alla diga di Piana degli albanesi, dalla diga di Scanzano e quella dello Iato. Il sistema degli invasi va tutelato: se n’è parlato più volte in passato, bisogna mantenere l’efficienza facendo tutte quelle opere di manutenzione che permettono di sfruttarli al 100 per cento, e sono pochi al momento gli invasi che garantiscono ciò. So che si sta ragionando su eventuali azioni per riuscire a garantire l’approvvigionamento idrico d’estate, ma il rischio di carenze d’acqua nella stagione calda è forte». E se l’area più sotto osservazione nella Regione rimane proprio quella del palermitano, ci sono situazioni già in rovina. Come quella del comparto agricolo.
«Non c’è un solo comparto in cui non si senta la crisi – afferma Rosa Giovanna Castagna, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori. La semina è definitivamente compromessa, il pascolo è quello che è, l’ortofrutta è in ginocchio, le scorte alimentari per gli animali sono pochissime. E se da noi c’è la siccità neanche al nord è stato un anno facile. In Sicilia ci sarebbe un escamotage per le colture, vale a dire i consorzi di bonifica, ma questi funzionano male ovunque». Le piogge di questi giorni rischiano soltanto di bagnare il morto? «Di certo nell’immediato non c’è modo di uscire dalla crisi – continua l’imprenditrice agricola -: per fare un esempio, su cinque fili ne viene fuori uno, vuol dire che il raccolto è compromesso. Anche se adesso comincia a piovere. L’unico ristoro che gli agricoltori possono avere spese in breve è un aiuto da parte delle istituzioni: saltando ad esempio le contribuzioni agricole, o comunque trovando un modo per supportarli, ed è su questo che abbiamo spinto. Per il futuro bisogna ripristinare le reti idriche, far funzionare il sistema degli invasi, cercare di immaginare consorzi di bonifica efficienti».
Un problema, quello dell’assenza di acqua, che ha persino colpito le Madonie, generalmente risparmiate dall’emergenza. In questi giorni, come raccontano gli stessi abitanti, anche le fontane pubbliche hanno smesso di fornire il prezioso liquido. Tanto che il 09 gennaio per affrontare lo stato di emergenza idrica il sindaco di Castelbuono Mario Cicero con un’ordinanza sindacale ha scelto di attingere all’acqua del torrente Vicaretto, immettendola poi nella rete comunale. «Mi assumo la responsabilità come autorità sanitaria locale – ha scritto il primo cittadino madonita in una nota – di riattivare i motori dei filtri posizionati nel torrente Vicaretto e permettere alla comunità di Castelbuono di avere adeguati quantitativi d’acqua (con i motori accesi al serbatoio di Liccia afferiscono 25 litri di acqua al secondo mentre con i motori spenti arrivano 15 litri di acqua al secondo). Considerando che il 50 per cento di essa si disperde lungo il corso della rete idrica, ognuno calcoli quanta acqua viene erogata al giorno al fine di sopperire alle esigenze igienico-sanitarie di ogni cittadino, di ogni attività imprenditoriale, degni di una società del ventunesimo secolo».
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