Sono 11 gli arrestati dell’operazione Ermes di oggi, tra loro anche quattro incensurati utilizzati proprio per il loro non essere noti alle forze dell’ordine. Si tratta di Vito Gondola, allevatore di Mazara del Vallo, 77 anni, pluripregiudicato, reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo; Michele Gucciardi, 62 anni, nato a Salemi (Trapani), imprenditore agricolo pregiudicato, reggente della famiglia mafiosa di Salemi; Giovanni Domenico Sciminelli, 48 anni, nato a Locarno (Svizzera), imprenditore pregiudicato, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Partanna; Pietro e Vincenzo Giambalvo, di 77 e 38 anni, il primo nato ad Ustica e il secondo a Mazara Del Vallo, entrambi allevatori pregiudicati, e uomini d’onore della famiglia mafiosa di Santa Ninfa, nel trapanese.
Ancora in manette sono finiti Sergio Giglio, 46 anni nato a Salemi, allevatore, pregiudicato; Ugo Di Leonardo, 73 anni, nato a Santa Ninfa (Trapani), geometra in pensione, incensurato; Michele Terranova, 46 anni, nato a Salemi, allevatore, incensurato; Giovanni Mattarella, 49 anni, nato a Mazara del Vallo, commerciante pregiudicato, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo; Leonardo Agueci, 28 anni, nato a Salemi, ragioniere incensurato di Gibellina, e Giovanni Loretta, 43 anni, autotrasportatore. I primi otto sono indagati per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, gli ultimi tre anche per favoreggiamento aggravato dalla modalità mafiosa per aver agevolato la latitanza di Matteo Messina Denaro.
Era la nuova rete costruita dopo gli arresti seguiti delle operazioni Golem I e II prima, ed Eden I e II. Pezzi portanti di questa rete che ruotava attorno Messina Denaro erano Gondola, Gucciardi, Giambalvo e Scimonelli, già arrestato nel 1998 nell’ambito dell’operazione Belice. Le indagini hanno permesso di individuare i primi mesi del 2012 quale periodo della riapertura dei canali di comunicazione del latitante attraverso i pizzini. Sofisticati mezzi tecnici d’indagine hanno permesso di scovare la rete di veicolazione che si strutturava grazie a riservatissime comunicazioni tra gli odierni arrestati.
Vito Gondola, noto alle forze dell’ordine, boss di Mazara Del Vallo e fedelissimo di Messina Denaro, era già apparso sulle pagine dei giornali a seguito dell’arresto di Lorenzo Cimarosa, cugino del boss latitante. Era di Gondola il gravoso compito di gestire i tempi e i modi di consegna e distribuzione della corrispondenza. Aveva così individuato dei tramiti fidati, per poter interloquire in maniera riservata con gli altri capimafia, individuati in Terranova, che oltre ad essere un allevatore era gestore di un caseificio e che garantiva il collegamento tra Gondola e Gucciardi, ai quali era legato da apparentemente lecite ragioni lavorative connesse alla pastorizia. Loretta, già arrestato nell’ambito dell’operazione Peronospera II assicurava, invece, per il tramite di Agueci, le comunicazioni tra Gindola e Giambalvo. Di Leonardo permetteva a Gondola di fissare dei riservati incontri con Scimonelli e spesso agevolava quest’ultimo nel fissare appuntamenti con Giambalvo. Il genero di Gondola, Mattarella, già tratto in arresto e condannato per aver favorito la latitanza di Vincenzo Sinacori, agevolava infine, la pianificazione e la fissazione di incontri tra il suocero e Scimonelli.
La corrispondenza avveniva con cadenza trimestrale e con modalità dettate dallo stesso latitante che, per prudenza, aveva deciso di evitare più frequenti contatti con i suoi accoliti. Lo scambio dei messaggi avveniva in aperta campagna, durante i summit, durante i quali veniva usata la massima accortezza nel linguaggio, per riferirsi al latitante o alle dinamiche criminali.
Le investigazioni del Ros hanno evidenziato il ruolo centrale di Gondola nella risoluzione di controversie interne al sodalizio e nel capillare controllo del territorio finalizzato all’infiltrazione del tessuto economico locale, attraverso imprese di diretta emanazione dell’organizzazione criminale. Sono stati, infatti, documentati i suoi ripetuti interventi per dirimere contrasti inerenti la spartizione dei guadagni provenienti dalla realizzazione del parco eolico denominato “Vento di Vino”, destinati anche al sostentamento del nucleo familiare dei Messina Denaro e dello stesso latitante.
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