«Il movimento eco-queer (che il video reinterpreta) è una realtà, non un’invenzione artistica». Alcuni sono arrivati persino a definirla pornografia ma, pochi, forse nessuno, si sono interrogati sul messaggio dell’opera che tante polemiche, seppur in ritardo di mesi, ha suscitato in questi giorni. Soprattutto sui social. L’installazione, al centro del presunto ‘scandalo’, è quella dell’artista cinese Zheng Bo dal titolo Pteridophilia, letteralmente passione per la felce, in mostra all’Orto botanico di Palermo dal 16 giugno, in occasione di Manifesta, la biennale di arte contemporanea che si sta svolgendo in città. L’opera consiste di alcuni video che ritraggono sette giovani asiatici che camminano in una foresta «stabilendo un contatto intimo con le felci». Il cuore dell’opera è la rappresentazione del movimento che sostiene l’ecosessualità (eco-queer), letteralmente amore per la natura.
In molti hanno gridato allo scandalo, etichettando l’opera come un concentrato di cattivo gusto e accusando l’autore di perversione sessuale, chiedendone persino la censura. Ma in sua difesa, se così si può dire, è intervenuto oggi Ippolito Pestellini Laparelli, architetto nato in Sicilia e partner dello studio OMA di Rotterdam che, come ha ricordato ieri Albergoni, direttore della biennale, fa parte de team che ha selezionato anche questa realizzazione. «Ci sono tre punti che vale la pena descrivere su quel lavoro – ha detto a Pestellini Laparelli MeridioNews – tra le diverse forme di coesistenza che m12 esplora esiste anche quella tra esseri umani ed altre specie (animali o vegetali), nell’ottica di una visione post-antropocentrica in cui l’uomo condivide la cura e responsabilità del pianeta con altri agenti». E, «se si parla di coesistenza, si parla di diverse forme di diversità che possono e devono convivere». La dimensione queer, rispetto agli orientamenti sessuali, «è una di questa», è la conclusione del suo ragionamento.
Sulla vicenda, è intervenuto anche l’assessore alla Cultura Andrea Cusumano con una riflessione che riporta al centro del dibattito il ruolo dell’arte nella società. «L’arte racconta la realtà o la precede – scrive Cusumano – Il buon gusto è una qualità del reale? Alcuni artisti raccontano con buon gusto cose ignobili. Altri con cattivo cose nobili, altri ancora raccontano il disgusto. Credo che arte e buon gusto non siano sinonimi e certamente vadano tenuti separati». Per Cusumano, però, va «sempre tutelata l’assoluta ed inderogabile autonomia dei curatori nella scelta degli artisti, poi dell’artista nella realizzazione dell’opera, ed infine esprimere indisponibilità a qualsivoglia forma di censura. Detto ciò è opportuno produrre tutte le dovute cautele onde prevenire che minori possano essere coinvolti nella visione dell’opera ed il pubblico, diversamente, possa essere adeguatamente informato sul contenuto prima di potervi accedere».
Misure in realtà, già messe in campo dagli organizzatori di Manifesta ma che possono senz’altro essere maggiorate, ammette ancora Cusumano. Rispetto alla qualità dell’opera o il mettere in dubbio che di arte si tratti, «non è mio compito esprimermi, mentre è opportuno che ci si esprima liberamente sui social in quanto la libertà di espressione vale per gli artisti e certamente anche per i commenti. Altra cosa è però cercare motivazioni politiche o addirittura legali, per mettere il bavaglio agli artisti o alle iniziative culturali che si ritengono sgradevoli. Manifesta è un’iniziativa di arte contemporanea dal profilo internazionale – aggiunge – Può piacere o meno, ma così è. Parrebbe anomalo che un rispettato artista cinese debba venire in Italia per essere censurato».
Sempre in difesa dell’opera, ma con toni più leggeri, è intervenuto anche Emanuele Pantano, autore e stand-up comedian, che su Facebook ha scritto: «Che poi, pensateci, il video dell’orto botanico è “contro la nostra natura e cultura” perché l’artista simula una fellatio con la natura e potrebbe traumatizzare i bambini, mentre tutti i muri della città con scritto #Suca, invece, sono applauditissima materia di tesi universitaria».
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