Beni dal valore di 2,5 milioni di euro sono stati sequestrati a un imprenditore del settore turistico a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. Un provvedimento emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale trapanese che è stato eseguito dalla dagli agenti della divisione anticrimine della polizia e dai militari del gruppo economico-finanziario della guardia di finanza. L’uomo è stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di abituale dimora. Questo perché dalle indagini patrimoniali è emersa anche la sua pericolosità sociale. Stando a quanto ricostruito, l’uomo avrebbe improntato la propria attività imprenditoriale – inizialmente nel settore del commercio di carburante e di lavaggio auto, e poi nel settore turistico-alberghiero – finanziandola con la commissione di reati in materia fallimentare e tributaria.
Da questi, almeno in buona parte, avrebbe tratto il sostentamento, per sé e per la propria famiglia, continuando a operare sul libero mercato con condotte sistematiche di fraudolento ricorso al credito bancario, di distrazione di ingenti risorse da società avviate al fallimento e di evasione fiscale.
In particolare, dalle indagini è emerso che avrebbe tratto ingenti profitti dall’attività imprenditoriale,
svolta con modalità illecite attraverso il ricorso a varie società per cui non avrebbe tenuto conto delle regole per una sana gestione. L’uomo, infatti, negli anni, avrebbe allestito una raffinata organizzazione di società, spesso amministrate tramite terzi, la cui gestione era improntata all’evasione fiscale e alla distrazione di risorse sia in favore del proprio nucleo familiare che in favore di sempre nuovi progetti economico-imprenditoriali, realizzati a discapito dell’erario e dei creditori.
In sostanza, il suo modus operandi – le cui condotte si possono datare fin dall’inizio degli anni 2000, si è sostanziato nell’allestire e impiantare società (la prima nel commercio di carburanti), gravarle di debiti, non onorarli per poi chiedere a istituti bancari la rinegoziazione di quegli stessi debiti aprendo nuove e più ingenti linee di credito. Una volta ottenuti i nuovi finanziamenti (che dovevano essere destinati al risanamento della società in dissesto) l’imprenditore avrebbe invece distratto i fondi ottenuti, intascandone una parte per il proprio sostentamento e investendo il resto in nuove e sempre più importanti attività imprenditoriali nel settore ricettivo e turistico (hotel, ristoranti e anche uno stabilimento balneare, tutti a Mazara del Vallo). Poi, ciclicamente, avrebbe portato le nuove società a bancarotta e avrebbe continuato a portare avanti le proprie condotte illecite.
Nel corso degli anni, le società (direttamente o tramite congiunti e prestanome) avrebbero acquisivano i beni e le attività delle società condotte al fallimento in precedenza, lasciando il controllo di gestione all’uomo e sfuggendo ai creditori e alle pretese erariali. Per queste condotte, negli anni, l’uomo ha riportato condanne divenute irrevocabili per i reati di bancarotta fraudolenta, evasione fiscale, mancato versamento di oneri tributari e altri reati in materia fiscale. Un metodo criminale che ha permesso di accumulare ingenti capitali e che si è rinnovato fino a tempi recenti. Lo scorso anno, una società riferibile alla figlia, partecipando alla vendita giudiziaria relativa alla procedura esecutiva di una delle ultime società fallite dell’uomo, si è aggiudicata un albergo a Mazara del Vallo. Che è tra i beni adesso sequestrati. Ed è stato proprio questo ultimo episodio a rendere evidente la pericolosità sociale dell’imprenditore e la necessità urgente di anticiparne il sequestro dei beni. Le indagini patrimoniali hanno fatto emergere una rilevante sproporzione tra i redditi lecitamente acquisiti e la reale disponibilità economico-finanziaria.
A essere stati sequestrati sono: un appartamento, un locale adibito a deposito, quote societarie e un intero compendio aziendale di sei società a Mazara del Vallo. Tra i beni: un albergo, uno stabilimento balneare con ristorante, un terreno con strutture adibite ad autolavaggio e a uffici e un lotto di terreno. Anche questi tutti nella cittadina del Trapanese. Le aziende e i beni sono stati affidati a un amministratore nominato dal tribunale di Trapani che ne assicurerà la gestione con l’obiettivo di non disperdere posti di impiego e contratti in essere con terzi estranei al provvedimento di sequestro.
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