Sequestro da 300mila euro al 33enne Orazio Musumeci Condanne per droga e rapina, nipote del boss Pistone

Un pedigree di tutto rispetto, rapporti familiari con esponenti di peso della famiglia Laudani e una «ingiustificata sproporzione» – da oltre 300mila euro – tra i redditi dichiarati e i beni mobili e immobili acquistati dal 2008 al 2017 da lui e dalla sua famiglia. Il profilo di Orazio Musumeci, 30 anni, è tracciato dal Gico della guardia di finanza etnea. L’uomo, coinvolto in diversi procedimenti per spaccio di droga e nipote acquisito del boss pregiudicato Francesco Pistone, ha subito un cospicuo sequestro di beni disposto dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale etneo, su proposta della procura. I sigilli sono scattati in primo luogo per due immobili intestati alla moglie: un appartamento da 84 metri quadri e il chiosco-bar Profumo di caffè da Dennis, entrambi nel quartiere villaggio Sant’Agata. Sottratti alla sua disponibilità anche un’automobile di grossa cilindrata, una moto e un assegno circolare da oltre 24mila euro

La figura di Orazio Musumeci si può ricostruire seguendo la traccia dei suoi rapporti con la giustizia. Il 30enne si ritrova difatti rinviato a giudizio per reati in materia di sostanze stupefacenti, ma anche condannato in via definitiva dal gup di Catania, nel 2010, dopo che venne arrestato in flagranza mentre stava vendendo droga. Ma non è finita: è del 2013 la sentenza di condanna, passata in giudicato, per una rapina in concorso commessa il 29 giugno 2012. Nel settembre 2016, infine, è stato fermato mentre, insieme al suocero, vendeva hashish. 

Ma, come detto, per completare il profilo del 30enne bisogna rivolgere lo sguardo anche ai legami familiari e ambientali. Musumeci ha sposato una nipote dell’ex reggente del clan Laudani Francesco Pistone, detto vurpitta (piccola volpe). Quest’ultimo, 56 anni, ha subito un agguato a San Giovanni La Punta il 15 gennaio del 2015. Pistone si trovava all’ingresso di un bar di viale della Regione quando si avvicinò a piedi un uomo, il quale a pochi passi dalla vittima esplose quattro colpi da una pistola calibro 7.65, raggiungendolo al braccio e alle gambe. Da subito le modalità dell’attentato fecero pensare a un avvertimento, vista la distanza ridotta da cui le pallottole erano state sparate. Sei giorni dopo la polizia arrestò Filadelfio Pappalardo, un pregiudicato per reati in materia di armi, che avrebbe agito non per logiche mafiose, ma per motivi personali legati alla relazione con una donna. Per farlo avrebbe anche superato l’handicap che lo costringe da anni sulla sedia a rotelle, una paraparesi, imbottendosi di morfina. Elementi contro Pappalardo sono stati raccolti anche dalla guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta Podere mafioso, del marzo 2017

Pistone ha retto dal 2000 al 2004 il clan dei Laudani. Nell’agosto di quell’anno, fu arrestato dopo un periodo di latitanza e dopo essere stato inserito dal ministero dell’Interno tra i 500 ricercati più pericolosi d’Italia. L’uomo era stato condannato per associazione mafiosa. Il suo nome ritorna anche in una delle inchieste di mafia più eclatanti degli ultimi anni, quella chiamata Vicerè. Ma lambisce anche la vicenda che riguarda il Pua. Uno dei due soci con cui il veronese Francesco Bissoli aveva fondato la società Stella polare srl, interessata al mega progetto da oltre 5mila ettari alla Playa, è Salvatore Modica, cognato di Giovanni Parisi, considerato dagli inquirenti un esponente dei Laudani. Secondo gli investigatori, in passato l’ex socio di Bissoli avrebbe favorito proprio la latitanza di Pistone. Condannato in primo grado per quest’accusa, la corte d’appello di Catania ha poi assolto Modica dal reato di favoreggiamento personale aggravato perché il fatto non sussiste. 

Ritornando al nipote acquisito di Pistone, Orazio Musumeci, e al sequestro di beni odierno, secondo il Gico la sua pericolosità sociale sarebbe dimostrata anche da «condotte di cessione di sostanze stupefacenti commesse unitamente a soggetti contigui alla criminalità organizzata etnea (orbitanti nel clan Laudani del villaggio Sant’Agata)». Per analizzare la sproporzione tra redditi e patrimonio, i finanzieri hanno utilizzato anche il sofisticato software Molecola, sviluppato per l’acquisizione su vasta scala e l’analisi delle informazioni rilevabili dalle numerose banche dati in uso alle forze dell’ordine. 

Marco Militello

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