L’assessore ai Servizi sociali del Comune di Catania Giuseppe Lombardo, dopo lo sgombero dei senzatetto da piazza della Repubblica, ha dichiarato al nostro giornale che «ci sono a disposizione i centri di accoglienza di via Stazzone, della Locanda del Samaritano e della Casa della Speranza» ma che «sono i senza fissa dimora a scegliere di fare quella vita». Eppure, sono i numeri a smentire le affermazioni dell’assessore perché, al momento, in queste tre strutture – le uniche sulla carta disponibili nel Catanese – non c’è nemmeno un posto letto libero. «E così, alcuni sono già tornati in piazza della Repubblica per provare a risistemare gli alloggi di fortuna – ricostruisce a MeridioNews Dario Gulisano di Arbor, unione per gli invisibili – e altri, invece, si sono spostati in altre aree della città, specie in corso Sicilia». In effetti, alla strada sembrano non esserci alternative concrete da offrire e sul dormitorio da realizzare nel bene confiscato di via Delpino a Librino, dopo anni di ritardi, continuano a farsi passi avanti che, in realtà, sono passi indietro.
Le strutture di via Stazzone sono sei appartamenti con in totale 42 posti letto (dimezzati a causa del Covid) dislocati in vari immobili della città e pensati come alloggi di transizione per accogliere famiglie in condizioni di disagio abitativo. «In questo momento sono tutti occupati», ammette a MeridioNews Claudia Pasqualino, la responsabile del coordinamento dei progetti della cooperativa Mosaico (centro di prossimità della fondazione Ebbene) che gestisce anche quelle strutture. Immobili che nel periodo clou dell’emergenza sanitaria – con una proroga fino a marzo del 2021 – sono stati aperti anche ai senza fissa dimora. «Avevamo riservato quattro posti per i senzatetto allontanati da piazza della Repubblica ma, nel frattempo, sono stati occupati da altre persone», dichiara. Nella nota pubblicata dal Comune per celebrare la sanificazione dei luoghi, è l’amministrazione stessa a comunicare che, su una quindicina di clochard, «solo una donna di origini rumene ha accettato un ricovero». Una donna che, alla fine, stando a quanto dicono dall’unità di strada «non si è presentata all’appuntamento per il ricovero». Se dovesse ripensarci oggi, comunque, per lei non ci sarebbe più posto.
Nemmeno alla Casa della Speranza di Riposto. «Sono tutti già occupati i 17 posti letto disponibili – spiegano al nostro giornale dall’amministrazione dell’immobile in corso Europa all’angolo con via Ligresti – L’unico ancora libero lo è solo sulla carta perché è già impegnato per una persona che arriverà domani». La struttura da 13 anni offre assistenza alle a chi è in difficoltà. «Prima accoglievamo anche famiglie e minorenni ma ora non più. Nella maggior parte dei casi – raccontano – restano da noi per lunghi periodi, ci sono casi di persone che vivono qui da più di tre anni e mezzo». Una realtà che da oltre un decennio è attiva sul territorio e che vive «di donazioni che arrivano da privati e dal Banco alimentare. Ma – sottolineano – non c’è nessun tipo di accordo con il Comune di Catania». Che pure annovera la struttura della costa ionica come una di quelle a cui i senzatetto etnei possono fare riferimento.
«Ho già fatto una precisazione all’amministrazione comunale per spiegare che, al momento, le strutture gestite dai vincenziani sono piene e non sono quindi in grado di accogliere altre persone», spiega a MeridioNews padre Mario che da anni si occupa della Locanda del Samaritano e delle altre realtà collegate che vanno avanti con donazioni private e un sostegno da parte della Curia diocesana. In nessuna di queste, al momento, c’è posto per accogliere i clochard. «Tutti i 18 posti disponibili nella casa di accoglienza aperta h24 in via Montevergine a Catania sono già occupati – spiega don Mario – da persone in difficoltà economica che soffrono di patologie psichiche o fisiche, esodati e anche una donna vittima di abusi sessuali. In passato, abbiamo accolto anche senzatetto ma facendo loro prima un colloquio perché – aggiunge – il bene va fatto per bene e ci sono situazioni delicate e non si può pensare di fare convivere persone con difficoltà di tipo diverso che rischiano di entrare in conflitto».
Nessuna possibilità di trovare un tetto nemmeno nei due gruppi appartamento gestiti dai vincenziani. «La struttura di via Righi è stata risistemata per accogliere mamme con bambini ucraini che sono in arrivo – ricostruisce padre Mario – mentre quella di via Santa Maddalena fa da cuscinetto tra la Locanda e la vita in piena autonomia». Lì ci abitano per un periodo – che può andare da qualche mese a un anno al massimo – persone in semi-autonomia. «Sono assistiti che ora hanno trovato un lavoro, che danno anche un piccolo contributo e che restano a vivere finché non potranno permettersi di affittare una casa», chiarisce don Mario. Oltre a queste strutture, ci sarebbero poi i due dormitori: i 12 posti letto di quello femminile (che si trova in via Santa Maddalena) sono stati assegnati alle donne sole che scappano dalla guerra in Ucraina e anche «a una mamma con un bambino di dieci anni che vive una situazione di difficoltà». Anche qui, dunque, nessun clochard potrà trovare un tetto. Men che meno nel dormitorio maschile di via Sant’Agostino che è chiuso da anni. «All’inizio della pandemia abbiamo dovuto chiudere – spiega padre Mario – Quando eravamo pronti a mettere di nuovo a disposizione i 24 posti letto, a ottobre è arrivato il nubifragio che ha danneggiato il tetto e reso la struttura inutilizzabile. Grazie a un finanziamento di un’associazione di italo-americani, i lavori partiranno tra qualche settimana ma non sarà accessibile ancora per diversi mesi».
A conti fatti, dunque, per i senzatetto non ci sono alternative da offrire. «Per questo è ancora più scandaloso fare uno sgombero di quel tipo senza un progetto». Per padre Mario la soluzione momentanea potrebbe essere «sistemare dei bagni chimici vicino ai luoghi dove sono sistemati gli alloggi di fortuna per iniziare insieme alle persone un percorso, con un approccio multidisciplinare e continuo, cominciando dall’aiutarli a mantenere decoroso l’ambiente in cui vivono». E, invece, per l’amministrazione quella dei clochard continua a essere una questione di ordine e decoro pubblico, già dai tempi dell’ordinanza anti-bivacco del sindaco Salvo Pogliese e degli sfratti da quelle che l’allora assessore leghista Fabio Cantarella aveva definito «villette di cartone». Al suo posto oggi c’è Andrea Barresi che il giorno dello sgombero era presente insieme ai vigili urbani e ad alcuni attivisti che hanno anche ripreso la scena. Materassi, coperte, pezzi di cartone e qualche tenda sono stati buttati dagli operatori della Dusty. Un’azione a cui sono seguite reazioni di vario tipo: diverse realtà del terzo settore hanno chiesto le dimissioni dell’assessore, Rifondazione comunista ha fatto una richiesta di accesso agli atti per capire come vengono utilizzati i fondi a disposizione per questo settore e gli organizzatori del Catania Book Festival hanno rimosso il patrocinio del Comune di Catania dai manifesti e da tutto il materiale pubblicitario dell’evento. «Fino a quando – ha precisato Simone Dei Pieri – non verrà aperto un tavolo di proposta a riguardo».
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