«È stata messa in rilievo l’esistenza di una contaminazione. C’è la prova che non si lavorava bene. Caro rettore, non abbiamo sparato minchiate». Come sua abitudine, Santi Terranova – legale di molte delle parti civili costituite nel processo Farmacia e il primo a sottoporre all’allora pubblico ministero Lucio Setola il memoriale con le accuse di Emanuele Patanè – non le manda a dire. Soprattutto a Giacomo Pignataro, autore di una nota nella quale il magnifico esprimeva il sollievo dell’ateneo «per la sentenza di piena assoluzione dei docenti e dei dirigenti che risultavano imputati nel processo relativo alle vicende dei laboratori di Farmacia». L’avvocato ha analizzato le motivazioni della sentenza, una decisione presa «in assenza delle prove del disastro e della mancanza di altri imputazioni che abbiamo più volte chiesto al pm».
Secondo Terranova, nonostante la «carente impostazione accusatoria, noi parti civili ne usciamo vittoriose: non erano illazioni». Una soddisfazione che si aggiunge a quella di vedere il memoriale di Lele Patanè assunto come una vera e propria testimonianza. Nonostante il giovane sia morto nel dicembre 2003 e i suoi familiari siano stati esclusi dalle parti civili perché – altro elemento più volte contestato dai legali – il processo ha preso in esame il periodo tra il 2004 e il 2007.
L’assoluzione, spiega, deriva da «un difetto di prova e per un difetto di capo di imputazione». Quello che sottolineano i giudici, l’esistenza dell’«irrisolto interrogativo, pure all’esito della complessa e articolata istruttoria dibattimentale, della fonte e origine delle esalazioni», è un ragionevole dubbio rimasto senza soluzione. «È una sentenza per mancanza di prove – afferma Santi Terranova con amarezza – Abbiamo solo toccato la verità processuale».
Adesso è tempo di pensare alle azioni successive, su tutte la possibilità di fare appello: «Lo dobbiamo chiedere al pm (Giuseppe Sturiale) con il quale ci dobbiamo confrontare». Per Terranova «la valutazione sul reato di disastro è condivisibile, tuttavia questa sentenza ci lascia margine per agire in sede di risarcimento civile. Ci consentono di chiederlo perché là dentro erano costretti a lavorare in un ambiente malsano». Sulla vicenda pende anche la richiesta di archiviazione chiesta da Setola per il procedimento parallelo (ma mai partito) per omicidio e lesioni colpose plurime. «Dalle motivazioni emergono elementi che non sono in contrasto con un procedimento di questo genere – spiega Terranova – Se c’è la volontà del gip di approfondire questo aspetto, credo che si potrà celebrare».
«Abbiamo lavorato per la sicurezza degli studenti», afferma con decisione. «Ho aspettato 90 giorni (tempo previsto per il deposito delle motivazioni, ndr) per togliermi questo peso. Adesso possiamo dire con certezza che le nostre non erano bugie».
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