Sea Watch, per la politica siciliana un referendum su Salvini Miccichè: «Sconcerta che tanti non parlano per opportunismo»

Gli occhi di mezza Europa sono puntati su quanto accade da giorni a Lampedusa, eppure la politica siciliana sembra non accorgersene. Sembra, perché in realtà qualunque posizione, soprattutto all’interno della coalizione di Nello Musumeci, assume necessariamente un carattere politico, una sfumatura di appunto o – al contrario – di disappunto a quel ponte immaginario che il governatore sta cercando di costruire con Matteo Salvini.

È da questa prospettiva che in molti, ad esempio, hanno letto lo sfogo a mezzo social della capogruppo dell’Udc all’Ars, Eleonora Lo Curto, che pur precisando che «non si può accogliere chiunque», ha aggiunto: «Penso che quando ci sono delle vite da salvare le si salvano e basta, quando ci sono dei bambini in mezzo al mare si salvano e basta senza se e senza ma. Detto questo salvare vite non significa che tutti possano rimanere in Italia, anzi si deve applicare un principio di equa spartizione tra gli stati europei. Bene, sapete quali stati hanno voltato le spalle all’Italia in questi anni? Quelli dell’est, come l’Ungheria, alleati di Salvini». Secondo Lo Curto, «per superare il principio secondo cui lo Stato di approdo è lo Stato in cui i migranti debbano rimanere, bisogna superare alcune regole del regolamento di Dublino. Sapete quali deputati si sono assentati ripetutamente durante le discussioni su questo regolamento? Quelli della Lega e dei 5 Stelle. L’immigrazione è un tema serio e deve essere affrontato con serietà e politiche condivise. Tutto questo al momento manca». Insomma, intervenire sulla Sea Watch sì, ma non è escluso che dietro le parole della capogruppo ci fosse anche una stilettata a chi suggerisce a Musumeci di andare a nozze col Carroccio.

Non è casuale neanche la durezza di Gianfranco Micciché, le cui posizioni sul tema migranti sono piuttosto note. «Ripeto sempre la stessa frase – ammette a Meridionews – ma continuo a pensare che non possiamo fare stare male le persone in questa maniera, parliamo di gente che scappa dalle guerre. Se fossi ministro studierei la materia per trovare una soluzione seria, perché di certo non è questa la soluzione. Non sono i porti chiusi. Ma poi porti chiusi a chi? Di che parliamo? Proprio noi, che siamo o figli di migranti o genitori di migranti. Poi è imbarazzante, è chiaro che chi emigra va sempre in paesi civili. Dove dovrebbero andare queste persone? Nel paese degli Unni? È comprensibile – aggiunge ironicamente – che scelgano la Magna Grecia».

Ma anche Micciché non si copre dietro a un dito e dà una lettura precisa delle dichiarazioni politiche degli ultimi giorni: «Questo atteggiamento di tanti politici siciliani che la penserebbero come me e più convintamente di me, ma non lo dicono per opportunismo politico, scoraggia e sconcerta più delle parole di Salvini».

Un principio, quest’ultimo, che accomuna anche Luigi Genovese, recentemente uscito da Forza Italia per fondare un suo movimento politico, Ora Sicilia. «Considero inquietante – ammette Genovese – anche soltanto l’ipotesi che la vicenda della Sea Watch possa essere strumentalizzata per fini elettorali. Personalmente li farei scendere, pur comprendendo le ragioni da una parte e dall’altra. Ma dipendesse da me, intanto li farei sbarcare. Poi ben vengano i nuovi accordi con gli altri Stati, non dico che chi lo sostiene abbia torto».

Anche Vincenzo Figuccia (Udc) si dice dispiaciuto «per le strumentalizzazioni che si stanno consumando attorno alla vicenda dei 42 disperati a bordo della Sea Watch. La Sicilia in questi decenni è stata abbandonata da politiche fallimentari che la isolano dall’Europa. Il dramma sociale e umano in atto a poche miglia dalla costa di Lampedusa, prescinde dalle posizioni politiche». Anche in questo caso, parole che pur «prescindendo da posizioni politiche», in qualche modo indicano ancora una volta che si è scelto di giocare una partita politica distante dal Carroccio.

È in quest’ottica, tra attestati di stima e prese di distanza, che si leggono anche le parole del capogruppo di Diventerà Bellissima all’Ars, Alessandro Aricò, che al contrario attribuisce la responsabilità della situazione che si è venuta a creare alla capitana, Carola Rackete. «Ritengo – dice Aricò a Meridionews – che a questo punto la capitana poteva trovare una soluzione alternativa. Al di là del disagio che sta provocando, io credo che stia strumentalizzando i migranti a bordo della sua nave. Viste le resistenze del governo italiano, avrebbe potuto dirigersi verso un altro porto». Parole che, in realtà, cozzano col diritto internazionale, che obbliga il capitano di una nave a dirigersi verso il primo porto sicuro, non lasciando a chi è al comando discrezionalità sull’argomento. Frasi comunque non neutrali in chiave politica, quelle che arrivano dal capogruppo del movimento fondato da Musumeci.

E se le parole hanno un loro peso specifico, non è meno significativo il silenzio dei Cinque Stelle siciliani sull’argomento, rotto nel pomeriggio di ieri dall’ex deputata Claudia La Rocca, che ha espresso la sua posizione personale in un lungo post su Facebook, provando a smontare una serie di bufale che circolano in rete, dalla presunta invasione, fino al più classico «ci rubano il lavoro», riportando i dati da Eurostat, UNHCR, Fondazione Leone Moressa, Il Sole 24 Ore. «Ma un punto in tutto questo per me rimane certo – si legge in chiusura del post dell’ex deputata regionale – i problemi vanno risolti con serietà e urgenza nei tavoli istituzionali e, soprattutto, il tema non deve essere l’oggetto di sfida fra le forze politiche interne ed esterne per questioni di mero consenso, non si può fare politica sulla vita delle persone, c’è sempre un limite oltre il quale non si dovrebbe andare».

Miriam Di Peri

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