Due neonati con meno di sei mesi, sette bambini piccoli, undici donne. Tra le 65 persone salvate dalla nave della ong tedesca Sea Watch ci sono anche loro. Soccorsi ormai 48 ore fa in acque internazionali, 32 miglia a nord della città libica di Zuara. Al momento l’imbarcazione è in acque internazionali, a 15 miglia da Lampedusa e attende indicazioni per un porto sicuro, il più vicino sarebbe proprio quello italiano dell’isola delle Pelagie. Ma nessuno dei Paesi contattati – Libia, Italia, Malta, Olanda (il paese di cui batte bandiera) – hanno finora risposto.
Secondo gli attivisti della ong, ieri mattina una motovedetta della guardia costiera libica si è avvicinata alla Sea Watch 3 intimando, con fare minaccioso di allontanarsi e abbandonare quell’area. «Mi sono diretto verso nord anche perché le condizioni meteo sono state e sono cattive. Ma ancora una volta siamo soli», ha spiegato il comandante Arturo Centore. A bordo c’è una donna con gravi ustioni a causa del contatto con carburante misto ad acqua di mare, e un uomo con un handicap fisico.
Stamattina il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha ribadito la sua linea: «Erano prima in acque libiche (da cui sarebbero stati allontanati proprio dalla guardia costiera nordafricana ndr) e poi in acque maltesi, ma mettendo a rischio la vita degli immigrati a bordo vogliono a tutti i costi arrivare in Italia. Questi non sono soccorritori ma scafisti e come tali verranno trattati. Per i trafficanti di esseri umani i porti italiani sono e rimangono chiusi».
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