Se in Sicilia ritorna la politica

Che succede nella politica siciliana? Anzi, la domanda spazia al di là della nostra Isola: che succede nella politica italiana? Succede che, proprio da Palermo, la politica lancia un segnale importante che, per ora, riguarda solo una parte dello scacchiere politico: il centrodestra. L’Udc di Pierferdinando Casini, il Pdl di Angelino Alfano e Futuro e libertà di Gianfranco Fini provano a costituire il cosiddetto grande polo dei moderati. Un soggetto politico che dovrebbe somigliare molto alla versione italiana del Partito popolare europeo.
L’esperimento sta nascendo a Palermo, nell’individuazione di un candidato a sindaco. Non senza qualche problema, visto che in Sicilia i ‘colonnelli’ di Fini continuano a mantenere, alla Regione, un’alleanza con il presidente Raffaele Lombardo e, soprattutto, con il Pd. E questo è un problema per il futuro partito dei moderati che, anche in Sicilia – e quindi anche alle elezioni comunali di Palermo – dovrebbe provare a mettere insieme Udn, Pdl e finiani.
In queste ore si discute se tenere in piedi la candidatura a sindaco di Massimo Costa o se sostituirla con un personaggio in grado di ricevere il consenso anche dei finiani siciliani. Il problema, però, non sta solo nel possibile candidato, ma nell’atteggiamento dei finiani che, per partecipare all’esperimento Palermo, dovrebbero lasciare il governo regionale. E questo per i ‘colonnelli’ siciliani di Fini è un problema, perché loro, nell’Isola, sono alleati di Lombardo. Rinunciare a stare nel governo regionale, per i finiani, è un mezzo dramma, visto che è dal governo che loro traggono – almeno così pensano – forza e visibilità.
Lombardo, benché di provenienza democristiana e moderata, non può entrare a far parte del grande partito dei moderati. In primo luogo, perché, per sua abitudine, i partiti li distrugge. Lombardo – e chi ha un po’ di memoria dovrebbe ricordarlo – creava già problemi nella Dc catanese nella seconda metà degli anni ‘80. Dopo Tangentopoli ha solo creato problemi al Ccd. Per non parlare dell’Udc dal quale è uscito tra il 2003 e il 2004. Non prima, però, di essere, di fatto, disarcionato dalla segreteria regionale di questo partito, proprio perché cercava di togliere spazio a tutti gli altri. Allora nemmeno Totò Cuffaro,all’apice del suo potere – suo grande alleato nell’Udc – riuscì a proteggerlo. Il suo allontanamento venne vissuto come una liberazione da tutto il partito.
Il percorso successivo è storia nota. Lombardo ha utilizzato il vessillo dell’Autonomia non perché ci crede, ma perché lo ha ritenuto, cinicamente, un ‘contenitore’ politico utile. Tant’è vero che, da presidente della Regione, non ha mancato di approvare atti che tradiscono le ragioni più profonde del’autonomia siciliana. A cominciare dallo scandalo del rigassificatore di Porto Empedocle, che non serve alla Sicilia ma a chi lo realizzerà (mentre è già servito a chi si è messo in tasca parcelle di svariati milioni di euro: e nell’attuale governo Lombardo ne sanno qualcosa).
La natura politica di Lombardo è trasformista. Non a caso, pur essendo stato eletto nel centrodestra, governa la Sicilia con il centrosinistra, cioè con il partito che, nel 2008 ha perso le elezioni, il Pd.
Far entrare un personaggio del genere nel nuovo, grande partito dei moderati significherebbe ‘incubare’ i germi di una fine prematura. Solo che nella sua ‘rete trasformista’ Lombardo ha ‘catturato’ anche i finiani siciliani di Futuro e libertà. Un partito, quest’ultimo, nato in contrapposizione a Berlusconi per dare vita alla rinascita del centrodestra, che, però, in Sicilia, si ritrova in una coalizione di centrosinistra. Una contraddizione. E un problema per Fini, che deve convincere i suoi – a cominciare da Carmelo Briguglio, Nino Lo Presti e Fabio Granata – a lasciare le ‘sponde’ trasformiste di Lombardo per entrare, a partire da Palermo, nella grande casa dei moderati.
Ma se nel centrodestra c’è il tentativo di ritornare alla politica, nel centrosinistra – soprattutto in Sicilia – la confusione regna sovrana. Eppure, proprio da Palermo, c’era la possibiilità, per il centrosinistra, di lanciare un messaggio di unità. La candidatura di Rita Borsellino a sindaco di Palermo – per il nome che porta e per la sua storia personale – è stata una grande occasione per riunificare tutte le ‘anime’ della sinistra, anche le più inquiete (i cosiddetti ‘Movimenti’) e le più a sinistra (Sel di Nicki Vendola).
Un’occasione che è stata sciupata sempre a causa di Lombardo. Con il quale la parte del Pd che fa capo ad Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia ha stretto un accordo di potere. Così, pur di salvaguadare questo accordo di potere – e quindi pur di salvare, di fatto, il governo regionale retto da Lombardo – Cracolici e Lumia non hanno esitato prima a organizzare la ‘fronda’ contro Rita Borsellino e, poi, addirittura, ad oppoggiare, alle primarie del centrosinistra, un candidato alternativo a Rita Borsellino – Fabrizio Ferrandelli – in combutta con Raffaele Lombardo.
Una scelta disastrosa e trasformista che è servita a spaccare il fronte del centrosinistra per salvaguardare, alla fine, gli obiettivi di potere di Cracolici, Lumia e Lombardo. In tutto contra la segreteria nazionale di Bersani, che invece appoggiava Rita Borsellino. In questo Cracolici e Lumia sono stati abili.
I due sono riusciti a far passare la tesi che votare contro Rita Borsellino salvaguardava le ragioni del Pd siciliano contro le ingerenze romane. Un’opzione autonomista grazie alla quale Cracolici e Lumia hanno carpito la buona fede di tanti iscritti e militanti del Pd, facendogli credere di sostenere l’autonomia del Pd siciliano da Roma, quando invece hanno solo salvaguardato i propri equilibri di potere alla Regione e, di fatto, salvato il governo Lombardo da una sicura crisi. Il tutto sacrificando la candidatura di Rita Borsellino, che si era giustamente rifiutata di sostenere un presidente dell Regione – Lombardo – inquisito per mafia.
Il ‘disegno’ di distruzione del centrosinistra siciliano avrebbe dovuto proseguire stamattina con lo ‘sbarellamento’ di Giuseppe Lupo dalla segreteria regionale del Pd. Esito che è stato momentaneamente bloccato e rinviato a dopo le elezioni amministrative di maggio con l’impegno, dello stesso Lupo, di dimettersi. E’ probabile che lo ‘stop’ a quella che si annunciava come una resa dei conti nell’Assemblea regionale del Pd venga utilizzata anche per provare a far ‘ragionare’ Lumia e Cracolici.
Non è da escludere che, anche nel centrosinistra, si riprovi a ritrovare l’unità. Anche per rispondere a un centrodestra che, finiani a parte, sta ritrovando, come già ricordato, a riunificarsi. Ma anche nel centrosinistra l’unità passa per l’abbandono della ‘sponda’ politica lombardiana. E di questo, prima o poi, anche Cracolici e Lumia dovranno farsene una ragione.


Giulio Ambrosetti

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