«Capita con troppa frequenza che situazioni del genere all’interno delle scuole vengano sottovalutate e si agisca solo dopo il crollo di un pezzo di tetto». Parole profetiche quelle di Silvia Mazzaglia, rappresentante dell’Unione degli Studenti e alunna dell’istituto Principe Umberto, pronunciate durante una protesta contro le cattive condizioni in cui versa la struttura poco meno di due mesi fa. Una studentessa ieri si trovava nella palestra del liceo catanese quando è stata colpita da alcuni calcinacci staccatisi da un muro. Prima ora di lezione, educazione fisica. «Il professore aveva dato un esercizio di palleggio al muro – racconta Paolo Francesco Reitano, rappresentante degli studenti – L’intonaco si è sgretolato in piccoli pezzi che le sono finiti nell’occhio». Nell’edificio non c’è un’infermeria e i genitori della giovane, entrambi lavoratori, non possono prenderla prima della fine della giornata scolastica. Secondo una norma, non è possibile somministrare farmaci all’interno della scuola senza diretta autorizzazione dei tutori, ma l’occhio della studentessa si infiamma rapidamente. «Una professoressa, andando contro il regolamento, ma con molto buon senso, le ha dato del collirio». Un piccolo sollievo, ma per poter avere delle cure adeguate l’alunna ha dovuto aspettare l’uscita, alle 13.20. «Lei è minorenne, non ha potuto imporre ai professori nulla; nessuno ha chiamato un’ambulanza».
Se fortunatamente il Principe Umberto verrà ristrutturato entro aprile 2015, e quindi da lì episodi del genere apparterranno al passato, nelle altre scuole etnee la quotidianità è fatta di storie di mancanza di sicurezza. Calcinacci che si staccano dai tetti, scale antincendio non a norma, palestre e laboratori inagibili, muri che non reggono il peso delle lavagne multimediali lim. I membri del coordinamento studentesco Kaos hanno condotto nelle ultime settimane un vero e proprio sondaggio tra gli studenti etnei, raccogliendo segnalazioni e immagini. Dopo aver presentato al provveditorato un documento sul tema lo scorso 14 novembre – e dopo aver sollecitato un colloquio con i dirigenti – ieri pomeriggio si è svolto un lungo incontro. «Abbiamo chiesto quanti soldi sono stanziati per l’edilizia scolastica», spiega Giuliana Messina, studentessa e membro di Kaos. «Abbiamo domandato anche quando inizieranno i lavori e perché tutte le scuole di Catania non sono a norma».
«All’Archimede, la scuola che frequento, mancano i servizi igienici per le ragazze, abbiamo le scale antincendio non a norma, la palestra non è agibile», elenca Messina. «Alcuni dei laboratori sono chiusi. E poi – afferma con una risata amara – un progetto del ministero dell’Istruzione ha permesso l’acquisto di lavagne lim, però i muri non riescono a sostenerne il peso». Immancabile anche la muffa, «ma tra tutti questi problemi è la cosa minore».
In giro per gli altri istituti la situazione non cambia. «Il Boggio Lera è un caso a sé», afferma riferendosi agli annosi problemi dell’antico plesso centrale di via Vittorio Emanuele e delle due succursali di via Teatro Greco e corso Indipendenza. «Al Vaccarini è crollato il terzo piano, i ragazzi fanno a turno nelle altre sedi, allo Spedalieri ci sono gli stessi problemi dell’Archimede». Qui, qualche giorno fa, sono stati trovati anche dei topi morti e alcune carcasse di galline. Non si salvano nemmeno Emilio Greco, Turrisi Colonna, Cannizzaro e Gemellaro. Segnalazioni sono giunte anche fuori città, dall’Alberghiero di Nicolosi. Un filo rosso lega tutte le esperienze degli alunni catanesi: «Ogni volta che piove, tutte le scuole si allagano», commenta amaramente Giuliana Messina.
L’incontro – al quale hanno partecipato molti presidi, soprattutto quelli degli istituti citati nel documento – «è iniziato bene, ma è finito male», racconta la rappresentante. «Hanno letto i documenti e hanno preso in esame tutte le problematiche, ma non hanno risposto alle domande sullo stanziamento dei fondi». Con la mancanza di poteri del provveditorato e il commissariamento delle Province – enti competenti per gli istituti superiori – la situazione è di difficile risoluzione. Sulla questione sovraffollamento e la relativa gestione delle succursali la soluzione proposta è stata «suggerire ai presidi di sospendere le iscrizioni». Al tavolo, al quale hanno partecipato il vicecommissario del provveditorato e due ingegneri, i responsabili hanno spiegato che «alcuni progetti, approvati tre anni fa, sono già in atto; per gli altri non ci sono soluzioni».
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