Scuola, dallo Sperone al Cep per ridisegnare le periferie  «I ragazzi hanno idee chiare su come vogliono il quartiere»

Un taccuino e una penna in mano
per appuntare riflessioni, disegnare ciò che si vede e ciò che si vorrebbe vedere. Prendere consapevolezza degli spazi. Gli alunni di una prima elementare e di una prima media dell’ics Sperone-Pertini anche quest’anno, per la seconda volta, sono stati coinvolti insieme alle loro famiglie nel progetto nazionale Abitare il Paese. Un’iniziativa portata avanti quest’anno insieme alla Fondazione Reggio Children in collaborazione con l’ordine degli architetti di Palermo e l’Amat. «Il percorso è differente per i piccoli e per i più grandi ma tutto parte dall’osservazione di ciò che ci circonda e dall’esplorazione dello spazio, sia nel quartiere che nel resto della città utilizzando i mezzi pubblici», spiega Antonella Di Bartolo, preside dell’Ics Sperone-Pertini.

Un percorso che coinvolge due architetti, tre insegnanti, personale dell’Amat e i genitori degli alunni. Oltre alla stessa preside. La scorsa settimana i bimbi della prima elementare sono stati accompagnati al ponte dell’ammiraglio dove «hanno disegnato quello che vedevano su un semplice taccuino di carta riciclata e elaborato poi gli appunti in classe, costruendoci delle storie sopra – continua Di Bartolo- La visita ha innescato dei pensieri che non ti aspetti. Ci siamo accorti ad esempio che il vuoto sotto gli archi è la parte che stimola di più la loro immaginazione». Questo è un modo quindi, ripercorre la preside, per abituare il loro sguardo a osservare ciò che sta intorno ai ragazzi, camminando senza guardare per terra o il cellulare. Prendendo appunti e disegnando ci si può rendere conto di qualcosa che prima non avevi notato. 

Con la prima media invece ieri la destinazione scelta è stata il Cep. «Abbiamo attraversato la città – aggiunge la preside – e preso due tram e un autobus sia all’andata che al ritorno. L’Amat ha fornito biglietti gratuiti per i bimbi e due controllori che di fatto ci hanno accompagnato nel tragitto verso il Cep». Lo scopo, per i docenti, è quello di estendere lo sguardo degli alunni verso altre realtà, simili come due periferie, ma allo stesso tempo diverse. «Se rimani sempre nel tuo quartiere, immagini che tutto ruoti attorno al quartiere. Negli anni abbiamo portato i ragazzi in centro: piazza pretoria, palazzo di città, dentro il teatro Politeama, alla Cappella delle dame. Ma lì il rischio è che pensino che la periferia sia brutta, mentre può essere degna di una gita. In più in questo caso c’è il valore aggiunto di vedere un’altra periferia come il Cep, dove ci sono altri architetti all’opera all’Ics Giuliana Saladino con il progetto P-art». I ragazzi, si diceva, hanno attraversato la città, il tram fino alla stazione centrale, poi hanno percorso via Libertà con l’autobus e infine di nuovo sul tram per vedere come passa dentro la città per arrivare a un’altra periferia. Sempre con il taccuino in mano. «Si tratta di strumenti desueti, diversi da quelli che hanno spesso a disposizione e li abbiamo spronati ad usarli per tracciare una mappa di viaggio dallo Sperone al Cep, raccontando quello che li ha colpiti di più. Senza nessuna preclusione», sottolinea Di Bartolo. 

Oggi le periferie sono al centro del dibattito palermitano. Dopo il blitz dei carabinieri e le proteste di questi giorni allo Zen 2 è sempre più evidente, come conferma la preside, «che la tenuta delle grandi città dipenda dalla tenuta delle periferie. C’è voglia di riscatto, dignità, decoro e lavoro. Non è ovvio che anche le scuole di periferia siano in movimento e che si presti attenzione all’architettura e all’urbanistica. Abbiamo notato più volte che
i bambini hanno una chiara idea di cosa vorrebbero nel loro quartiere: servizi, sicurezza, pulizia e hanno un senso della giustizia e del bello direi quasi innato. Fanno la raccolta differenziata a scuola quando ancora nel quartiere non c’è. Credono che sia sbagliato costruire sul litorale e vorrebbero il mare balneabile». Per questo i promotori dell’iniziativa ritengono utile che le periferie si incontrino e che bambini simili parlino e incrocino i loro sguardi «capendo che la periferia non è un mondo a parte, anche se resta sempre periferia. Il decoro che trovi allo Sperone non è quello di via Notarbartolo. Stimolare bambini e ragazzi a essere più consapevoli contribuisce a formare cittadini consapevoli e abituati al dialogo, che possono e potranno fare le loro richieste». Poi Di Bartolo conclude: «Non siamo andati al Cep per fare il sit-in ma per confrontarci coinvolgendo le famiglie. Si lavora così con i ragazzi ma allo stesso tempo con tutti gli abitanti del quartiere, per fare in modo che la scuola diventi incubatrice di idee consapevolezza e cittadinanza». 

Stefania Brusca

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