«Ho vinto quattro concorsi e conseguito altrettante abilitazioni, ho laurea e master, perché devo essere costretta a elemosinare una cosa che in realtà mi spetta di diritto?». È una domanda sacrosanta e anche piena di rabbia quella mossa da un’insegnante, in servizio in una scuola comunale, che l’amministrazione avrebbe dimenticato di regolarizzare. La sua storia, così come quella di altre tredici colleghe (tre in servizio nello stesso istituto insieme a lei e le restanti dieci in altre scuole comunali) inizia molti anni fa. «Abbiamo fatto il primo concorso dieci anni fa, per essere comunque a tempo determinato, e tutte abbiamo accettato questa condizione», racconta l’insegnante a MeridioNews. Tutte e quattordici operano per l’amministrazione comunale dal 1998. Dal 2007 il Comune le ha utilizzate con mansione specifica di insegnante dell’infanzia e ha contestualmente avviato un iter concorsuale per la loro assunzione, ma appunto a tempo determinato. Iter che prevedeva come prerequisito di partecipazione la vincita di un concorso statale con relativa abilitazione all’insegnamento. Il 2 marzo 2008 le quattordici insegnanti firmano il contratto proposto. E, una volta passati i cinque anni, il Comune offre loro una proroga di altri cinque anni.
«Nel secondo contratto quinquennale in realtà c’era scritto che era sì una proroga di cinque anni ma verso l’avvio della stabilizzazione – continua il racconto della docente -. Quindi accettiamo gli altri cinque anni». Nel frattempo, «il sindaco Orlando tre anni fa, in periodo pre-elezioni, ci convoca tutte e 14 a Palazzo di Città per complimentarsi con noi del nostro ottimo servizio, a dispetto di mancanza di supplenze in tutti quegli anni e di altre difficoltà che abbiamo affrontato prestandoci sempre. Ci dice anche che avrebbe trasformato il nostro contratto da determinato a indeterminato». È il 2015, e l’annuncio del sindaco viene seguito da articoli di giornale che parlano dell’imminente stabilizzazione delle 14 insegnanti. «Quello stesso giorno in quella stessa sala, però, insieme a noi e al sindaco ci sono anche dei dirigenti che, alle parole di Orlando, iniziano a storcere il naso – dice -. “Ci sono delle procedure concorsuali da avviare, perché loro sono un sesto livello”, ci spiegano. La nostra reazione è stata comunque accogliente: ci siamo dette che se c’era un altro concorso da fare, allora lo avremmo fatto. Anche se sembra assurdo dopo dieci passati a lavorare e a ricoprire quella mansione all’interno di una scuola e per aver fatto un primo concorso che presupponeva di averne già vinto uno allo Stato, quindi già stra-abilitate insomma».
Passa quindi un altro anno e tutte e quattordici fanno l’ulteriore concorso. «Ci ritroviamo ora alla soglia della scadenza del contratto quinquennale, che si conclude il 2 marzo 2019, e quello che ci siamo sentite dire è stato solo “o vi accollate un’ulteriore proroga oppure ciao”. Ma questa ennesima proroga è stata ulteriormente bloccata dalla relazione del Mef, che dice che il Comune ha assunto troppo personale in questi anni e quindi non può assumere più nessuno». Risultato? L’iter di queste quattordici dipendenti comunali, che già da un anno le avrebbe dovute portare alla stabilizzazione, ad oggi risulta fermo. «Chi glielo dice al Mef che noi dovevamo essere stabilizzate prima? – domanda intanto l’insegnante -. E anche se la situazioni si sbloccasse, cosa dobbiamo aspettarci? L’ennesima proroga? Non la vogliamo, perché non è questa la soluzione, ma solo una procrastinazione. Noi vogliamo il posto che ci spetta di diritto per il concorso vinto tre anni fa, un posto a tempo indeterminato e full time». A dispetto, soprattutto, dei già tanti anni di rinunce e sacrifici, tra «ore e contributi persi in vista della pensione». Ma c’è anche chi si ritrova costretto a rinunce personali piuttosto pesanti. «Una collega è costretta da anni a vivere in affitto perché nessuno le concede un mutuo per comprare la casa».
«Non vogliamo essere tagliate ancora all’infinito – insiste la donna -. In tutto questo c’è anche una delibera (la n.107del 15706/20216) che dice che noi avremmo dovuto prendere il ruolo a tempo indeterminato dal primo gennaio 2018». Ma la situazione rimane in stallo. Le insegnanti chiedono spiegazioni e il 18 gennaio dell’anno scorso la segreteria del sindaco risponde allegando un promemoria riguardante il loro iter e sottolineando che tutte le procedure si sono svolte regolarmente e «che la d.d. n.659 era restituita alla ragioneria con nota prot. 1769564 del 20/11/2017, per assenza del bilancio consolidato». Lo stesso che viene approvato il 3 dicembre, ma che di fatto non sblocca la loro situazione. «L’unica cosa appresa a dicembre, e dai giornali, è stata la firma del contratto a tempo indeterminato degli articolisti. Ben venga il lavoro per tutti, ma perché noi siamo rimaste ancora una volta tagliate fuori? Vogliono mettere su una guerra fra poveri?».
«Si sono dimenticati di noi – ribadisce amara l’insegnante -. È ingiustificabile. E se la soluzione dovesse essere una nuova proroga, non sarebbe accettabile dopo tutto quello che abbiamo fatto in questi anni, con un part time sulla carta ma facendo di fatto un full time, partecipando a collegi, incontri, scrutini che non ci vengono retribuiti. Se non succede niente, che ne sarà di noi?». E anche delle loro classi che, qualora non venisse loro rinnovato alcun tipo di contratto, finirebbero per chiudere, costringendo le famiglie a rivolgersi agli istituti privati. «Non ci sono i soldi per i supplenti, se ci ammaliamo non mandano nessuno e chiudono la classe – dice -. In tutti questi anni sono mancata forse cinque volte in tutto per malattia, sentendomi pure in colpa. Adesso cosa ne sarebbe di circa 300 bambini? Dovranno interrompere l’anno scolastico in corso?». Un quesito che si stanno ponendo anche le mamme dei piccoli studenti di uno degli istituti comunali in questione, la scuola Strauss, molte delle quali stanno appoggiando le insegnanti. Le stesse mamme che domani mattina, martedì 5 febbraio, manifesteranno in un sit-in, da loro fortemente voluto, davanti all’istituto di via La Rosa per tenere accesi i riflettori su questa paradossale vicenda.
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