A distanza di 22 giorni dai decreti di fermo eseguiti dal Gico della guardia di finanza, il giudice per le indagini preliminari di Palermo ha emesso le ordinanze di custodia cautelare a carico degli indagati coinvolti nell’inchiesta Scorpion Fish, sul presunto traffico di migranti tra Marsala e la Tunisia. Il provvedimento ha raggiunto anche il 28enne Jabranne Ben Cheikh, tunisino ritenuto capo della banda e già in carcere in Toscana perché condannato in primo grado per droga. Disposti i domiciliari anche per la compagna dell’uomo, Simonetta Sodi, nelle scorse settimane rimessa in libertà dopo che il gip non aveva convalidato il fermo.
Nell’indagine, finiscono anche due nomi nuovi: si tratta di Felice Montalbano e Pietro Bono, rispettivamente di 59 e 64 anni, entrambi residenti a Menfi. Stando all’accusa, avrebbero fornito supporto logistico per l’organizzazione delle traversate. Viaggi che, a inizio giugno, i magistrati della Dda di Palermo hanno definito di lusso – per il costo e la brevità – e al contempo a rischio, in quanto canale clandestino per potenziali terroristi.
Sulla pista riguardante il radicalismo islamico, tuttavia, gli stessi inquirenti nel decreto di fermo hanno ammesso che si tratta di una ipotesi che dovrà essere oggetto di ulteriori approfondimenti investigativi. Pochi giorni dopo i fermi, più di una persona si è dichiarata scettica a riguardo: «Ben Cheikh mi è sempre sembrato soltanto interessato ai soldi, non all’estremismo», ha dichiarato a MeridioNews Simone Ballantini, l’uomo che tra settembre e ottobre dell’anno scorso ha svolto il ruolo di autista del tunisino.
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