«Noi non ci arrenderemo mai e non ci fermeremo finché non avremo ottenuto giustizia e verità». Sono passati quasi otto anni dalla morte di Salvatore Verdura, assistente capo della polizia di Stato originario di Scordia, che aveva lavorato anche come scorta di Giovanni Falcone, e che era in servizio al Cara di Isola Capo Rizzuto (in Calabria), dal settembre del 2010. Dopo due archiviazioni del caso da parte della procura di Crotone, dal punto di vista giudiziario la situazione è bloccata e il caso è stato catalogato come decesso naturale. Eppure la famiglia vorrebbe fare luce su una morte «ancora avvolta nel mistero», come dice a MeridioNews il figlio Gaetano che, nel novembre del 2014, ha presentato la denuncia per omicidio volontario a carico di ignoti. «Per la seconda volta un gip ha archiviato e, senza almeno un elemento nuovo, non si possono riaprire le indagini», conferma l’avvocato Santi Terranova.
È il 13 gennaio del 2011 quando Verdura viene trovato morto all’interno di una Citroen Saxo verde di proprietà di una donna in località Le Castella nel Comune del Crotonese, precisamente lungo la strada provinciale 43 all’altezza dell’incrocio con la strada statale 106 Jonica. Per la procura di Crotone, sulla base della riesumazione del cadavere e dell’autopsia (fatta sei anni dopo la morte), «non è stato ucciso». Sono stati eseguiti anche degli esami tossicologici che hanno escluso anche l’ipotesi dell’avvelenamento. Ma allora come è morto Salvatore Verdura? «Sindrome coronarica acuta, con conseguente aritmia ventricolare esitata nel decesso», ovvero un infarto. «Per noi questa spiegazione non è coerente con la realtà – denuncia il figlio – Ci sono degli elementi e delle incongruenze che non possono essere trascurate».
La macchina viene trovata adagiata nel canale di irrigazione a destra della carreggiata. Un testimone, lo stesso che allerta i soccorsi, racconta di aver assistito alla fuoriuscita dell’auto dalla strada. Dalle prime indagini la morte viene ricondotta a un incidente stradale. È il sangue che fuoriesce da un orecchio, incompatibile con la presunta dinamica dell’incidente, a far sorgere i primi dubbi. «Quando la famiglia è arrivata da me portandomi i documenti – spiega il legale Terranova – mi sono reso conto subito che c’era stata una défaillance nella parte iniziale delle indagini: niente autopsia, incongruenze sull’orario della morte, incompatibilità con la ferita vicino all’orecchio e con l’emorragia, il rapporto con la proprietaria dell’auto. Tutto rimane in un mistero incredibile».
Ma andiamo con ordine. Il decesso di Verdura viene constatato alle 7.55. Più o meno alla stessa ora cinque poliziotti catanesi sarebbero però già a Scordia a dare la notizia alla famiglia. Il testimone colloca l’incidente intorno alle 7.10, l’arrivo dei primi soccorritori sul posto verso le 7.30 e dell’ambulanza con il medico a bordo alle 7.55. In un primo momento dichiara che quando si è attivato per soccorrere Verdura «ho potuto notare che il conducente era già morto»; nella seconda dichiarazione riferisce, invece, che «il conducente presentava un colore giallo in visto e con un vistoso tremolio esalava l’ultimo respiro accasciandosi all’indietro». Per il legale della famiglia però «i medici non si sarebbero soffermati sulla condizione della rigidità cadaverica» che avrebbe consentito di stabilire con precisione l’ora della morte. Inoltre, «il brogliaccio di entrata e di uscita dei mezzi della polizia catanese presenta delle evidenti modifiche».
A provare a chiarire i rapporti tra Verdura e la donna proprietaria della macchina ci sarebbero i tabulati telefonici dai quali risulterebbero numerosissimi contatti telefonici anche nel periodo immediatamente precedente il decesso (circa 500 contatti in un mese dal 9 dicembre fino alla morte di Verdura). Il sospetto dei familiari è che tra i due potesse esserci una relazione sentimentale che, però, la donna ha sempre negato. Una media di dieci conversazioni al giorno (alcune di oltre tre quarti d’ora) e lo scambio di moltissimi messaggi, anche durante la notte. «Tembre (poi corretto in temo) ke il mio ex ha chiamato mio padre». È questo il contenuto di un sms inviato dalla donna a Verdura l’11 gennaio alle 9.24, due giorni prima del ritrovamento del cadavere. Per altro il messaggio si colloca in un periodo (che ha inizio il 6 gennaio) in cui la frequenza dei contatti tra i due si interrompe bruscamente.
Altra incongruenza riguarderebbe l’ultimo sms inviato da Verdura alle ore 01.42 del 13 gennaio che viene registrato dall’antenna Telecom nel luogo in cui poi viene ritrovato il cadavere la mattina dopo. «A che ora ha finito il turno mio padre quella notte? C’è una discrasia tra il foglio di servizio e le dichiarazioni rese da un collega», aggiunge Gaetano. «Quando ha iniziato a lavorare al Cara di Isola Capo Rizzuto (nel maggio del 2016 finito nell’operazione Jonny della Dda di Catanzaro perché, secondo l’accusa, i servizi di catering dell’ente che gestiva il Cara, la Misericordia, sarebbero stati gestiti da persone vicine a cosche ‘ndranghetiste, ndr) mio padre ci sembrava sereno, l’ultima volta che lo abbiamo visto però – dice il figlio Gaetano – ci è sembrato strano, silenzioso, nel vuoto e pare avesse confidato a un amico che lì non voleva più stare».
«Ho sentito mio marito per l’ultima volta la sera prima della sua morte verso le 23 – ha dichiarato la moglie di Vedura, Maria Assunta Lo Faro – ma lui dovette interrompere improvvisamente la telefonata dicendomi che aveva dei problemi. Non richiamò più quella sera. Questo non era normale per le abitudini di mio marito». La donna continua il racconto di quando l’indomani arriva a Isola Capo Rizzuto con lo zio e il fratello e trova il cadavere del marito già ricomposto da colleghi che non conosce. «Notai subito del rotolo di carta fatto a palla riposto dietro la testa di mio marito, come se dovesse essere fermata una perdita di sangue». La moglie ha racconta anche che aveva sentito parlare della proprietaria dell’auto come di una donna «cui tutti i poliziotti facevano della carità».
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