Un danno erariale stimato in 350mila euro. Quattro dirigenti segnalati e 49 studenti denunciati. È il bilancio di un’inchiesta sul sistema di assegnazione delle borse di studio elargite dall’Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Catania. A coordinare l’indagine, svolta tra il 2009 e il 2014, la Guarda di finanza di Caltanissetta. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i fondi sarebbero stati ottenuti con un semplice stratagemma. La norma nazionale prevede il beneficio per gli studenti lavoratori che da almeno due anni non sono più all’interno del nucleo familiare d’origine. Agli allievi indagati sarebbe bastato semplicemente cambiare la propria residenza, spostandola da altri parenti, per avere posti più alti in graduatoria; i responsabili dell’Ersu di Catania coinvolti, dal canto loro, avrebbero fatto valide le richieste rendendo più semplice la presunta truffa.
Dall’esame degli incartamenti è emerso come alcuni studenti abbiano spostato la residenza dai nonni o nella seconda casa di famiglia. In un caso qualcuno avrebbe dichiarato il trasferimento a centinaia di chilometri da Catania per risultare parte della famiglia della sorella, un nucleo monoreddito e con tre bambini. In questa maniera l’Ersu avrebbe distribuito in maniera indebita migliaia di euro ad allievi senza i requisiti, «sottraendoli quindi ad altri soggetti realmente meritevoli», sottolineano in una nota le fiamme gialle. «Il nostro lavoro è iniziato con degli approfondimenti che svolgiamo solitamente», racconta Lello Pisani, colonnello della Guardia di finanza. «Abbiamo allertato al Corte dei conti di Palermo, che ci ha dato la delega per l’indagine».
Quattro dirigenti dell’ente sono stati segnalati alla Corte. Con la loro condotta avrebbero agevolato in maniera irregolare in totale 86 persone. Oltre alle borse di studio, infatti, nel mirino dei militari sono finite anche le assegnazioni di rimborsi di spese per gli alloggi, premi di laurea e i sostegni per il pagamento delle tasse universitarie. I 49 studenti denunciati sono accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato e falso.
«Qualora fossero confermate, queste azioni sono ancor più riprovevoli perché, di fatto, determinano iniquità nell’accesso ai benefici destinati a studenti meritevoli e bisognosi, in un momento in cui le risorse sono poche e vanno gestite con oculatezza», scrive il rettore Giacomo Pignataro in un comunicato. «Esprimiamo il nostro massimo supporto alla magistratura – continua -, ma al tempo stesso rivolgiamo un appello ai nostri studenti, affinché i loro comportamenti siano sempre ispirati a valori etici di onestà e correttezza». «Giusto l’appello all’onestà, lo sottoscriviamo. Però è vero che c’era qualcuno che doveva controllare», tiene a sottolineare Giovanni Timpanaro, delegato per il diritto allo studio dell’Unione degli universitari etneo. «Se ragazzi di 20 riescono ad aggirare il sistema, vuol dire che c’è qualcosa che non va in questa macchina – prosegue – Non voglio che passi il messaggio che è una maxi-frode fatta dagli studenti, mentre università ed Ersu sono vittime».
In passato lo stesso Ente regionale aveva invitato gli allievi ad attenersi ai regolamenti. L’Udu ha già allertato i propri consulenti legali. «Aspettiamo di capire come si evolverà la vicenda – dice Timpanaro – L’idea di essere parte attiva in un eventuale processo c’è». Soprattutto per tutelare chi non ha potuto usufruire delle agevolazioni. «Ogni anno ci sono centinaia di studenti idonei, ma non assegnatari perché i fondi non sono mai sufficienti».
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