«Il modello Palermo non è mai esistito, semplicemente perché si è cercato di fare diventare un modello un’anomalia». La sconfitta del candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione siciliana, il rettore Fabrizio Micari, oltre a sancire definitivamente la frattura con la sinistra ha visto naufragare, forse definitivamente, il cosiddetto modello Palermo fortemente voluto e imposto dal sindaco Leoluca Orlando. Uno schema che non ha ottenuto, tuttavia, i risultati sperati, come dimostrano i numeri usciti dallo spoglio – argomenti troppo testardi per essere confutati – e di cui, però, pare abbiano preso atto solo alcuni. Tra questi, c’è il capogruppo di Sinistra Comune al Consiglio Comunale Giusto Catania.
«Il modello non è mai stato esportabile alla Regione per una semplice ragione – spiega Catania a MeridioNews – A Palermo governava la sinistra e il Partito Democratico era all’opposizione. In Sicilia, invece, governava il Pd mentre la sinistra era all’opposizione: questo è il punto fondamentale di partenza». Per Catania, quindi, quel modello non è mai stato replicabile, mancavano i presupposti: «Il governo della Sicilia è incompatibile con quello che abbiamo fatto nel capoluogo siciliano. E l’esperienza di Crocetta è stata disastrosa, esattamente il contrario dei primi cinque anni del professore che ha dimostrato che si può governare la città avendo un punto di vista di reale cambiamento. Orlando, tuttavia, ha tentato un’alchimia improponibile».
Fin dalle prime ore di ieri, quando ancora non c’erano dati reali da commentare, proprio il sindaco ha messo le mani avanti, scaricando ogni responsabilità sulla sinistra, rea di aver appoggiato Fava, e difendendo la sua creatura politica: «Se i dati dello spoglio daranno lo stesso risultato degli exit pool, sarà la conferma di quanto ho sostenuto in questi mesi più volte: la divisione del centrosinistra non solo è perdente in termini elettorali, ma diventa uno degli elementi che contribuisce alla disaffezione degli elettori verso la politica e verso l’espressione del voto. Ciò indipendentemente da chi siano i candidati»
A dargli manforte è il braccio destro di Renzi in Sicilia, Davide Faraone per il quale occorreva proseguire con quella esperienza rivelatasi vincente alle scorse amministrative «Abbiamo immaginato una continuità con il percorso delle elezioni amministrative, in cui si è vinto a Palermo mentre in altre città d’Italia si perdeva. Dovevamo dare continuità a quel modello: una candidatura civica e una proposta di centrosinistra unitaria sarebbe stata una proposta vincente». Secondo Faraone, infatti, l’unica via per vincere consisteva nel garantire continuità a quella alchimia tutta palermitana: «Se avessimo dato un segnale di unità e di compattezza – aggiunge – molto probabilmente avremmo vinto anche queste elezioni regionali».
Tra gli scettici della prima ora, c’è sicuramente il segretario regionale del Pd Fausto Raciti che non ha mai fatto mistero dei propri dubbi sul progetto di larghe intese per le elezioni regionali. A pesare, tra le altre cose, il flop di Alternativa Popolare e dei centristi. Sul dato di coalizione Raciti non si sbilancia in attesa di un quadro completo dei risultati che le liste hanno ottenuto. Ma sull’intera operazione orlandiana è netto: «È chiaro che se il tema di queste elezioni era il modello politico di Palermo – conclude -, il modello Palermo non ha funzionato».
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