Scolaresca insulta l’attivista Lgbt Massimo Milani Le insegnanti: «Frocio? È solo il loro linguaggio»

«Pezzo di frocio!». È sulla scorta di questo insulto che Massimo Milani, uno degli storici fondatori di Arcigay, ha cominciato la sua giornata oggi. Palermo è bella proprio perché città piena di contraddizioni: solo ieri riempivamo piazza Verdi armati di striscioni e megafoni per i diritti ancora negati alla donna, e non solo. Uno sciopero globale che ha unito contemporaneamente 49 paesi nel mondo al grido di «libertà, uguaglianza e dignità». Passata la notte sembra quasi dimenticato. E lungo la solita strada per arrivare al negozio ecco un gruppo di ragazzini gridare in coro l’insulto, nell’indifferenza delle docenti presenti accanto a loro. «Ormai per me queste cose sono il pane quotidiano, purtroppo accadono giornalmente, ma non con questa gravità – racconta l’attivista a MeridioNews – perché in questo caso è avvenuto alla presenza delle maestre, se fosse stato altro neanche mi sarei fermato perché comunque è un continuo, è la mia vita».

«Rispetto a tanti anni fa le cose sono sicuramente migliorate, dobbiamo essere onesti in questo senso», dice Milani. A colpirlo inizialmente è stato il fatto che questi ragazzini abbiano inveito tutti insieme, «come se si sentissero quasi in dovere di insultare le persone, senza freni, non badando neppure alla mia età. Evidentemente è così che vanno oggi le cose». Il gruppetto era composto per lo più da maschi: «Non voglio dire che le femmine sono più brave, ma il maschilismo riguarda soprattutto gli uomini». L’aggravante, però, è la presenza delle maestre rimaste impassibili più che l’insulto in sé: «Erano quasi distratte, e la cosa mi ha colpito molto – dice l’attivista -. Quella parola lì è diventata quasi un intercalare, per cui non ci si fa neanche più caso, è talmente detta che quasi non è più un insulto».

Milani a questo punto si ferma, raccoglie l’insulto e si avvicina ai ragazzini. Loro si irrigidiscono, non parlano più. Una scena che si protrae, però, nella costante indifferenza delle maestre, ferme a parlare tra loro. Richiama la loro attenzione, chiedendo se avessero sentito quello che avevano detto i ragazzi. «Eh, ma questo è il loro linguaggio». Milani allora insiste, stimolando una reazione. «Ma l’impressione è stata che lo stessero facessero forzatamente, non perché fosse una cosa grave in sé ma perché io lo avevo fatto notare e quindi erano tenute a dire qualcosa: ‘Facciamo la parte perché c’è questa signora davanti’». «Ma chi è stato, chi è stato?», dicono le insegnanti alla ricerca di un colpevole che, però, non salta fuori. Qualche convenevole dopo è già tutto finito. «Come se si fosse trattato solo di una ragazzata e nel loro ruolo non rientri anche il compito di educare alle differenze. La cosa che mi ha fatto stare male è proprio questa».

Tanta la solidarietà seguita al racconto dell’episodio su Facebook. «Ma non ho scritto il post per questo, ma per segnalare quello che per me è un episodio grave, io non ho bisogno di essere difesa, ma ci sono persone che invece ne hanno molto bisogno – spiega -. Le cose sono comunque molto cambiate, però c’è sempre un pericolo, l’omofobia è una costante. E lo vediamo anche nei confronti delle donne, che hanno raggiunto i loro obiettivi, ma i femminicidi sono all’ordine del giorno. Si fanno dei passi avanti e anche dei passi indietro quotidianamente». E rispetto alla polemica sul cosiddetto complotto gender sottolinea quanto sarebbe importante partire proprio dai bambini per educare ad argomenti ormai oggi stringenti, inevitabili.

«Docenti e genitori impediscono che questi temi vengano trattati nelle scuole. Ma se tu non tratti questo tema poi il bambino lo percepisce come vuole lui, perché il discorso comunque passa lo stesso. Sono bambini che hanno sei, sette o otto anni e già conoscono la parola frocio, quindi impedire a qualcuno di entrare nelle scuole a parlare di omosessualità è una cosa grave, perché loro sanno già determinate cose ma le sanno nel modo sbagliato, è per questo che poi reagiscono in un certo modo. Se il modo sbagliato di vedere le cose non si corregge quando un bambino è ancora piccolo – conlcude -, allora non cambieranno mai e questi episodi continueranno».

Silvia Buffa

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