Scatole componibili di cartone come rifugio per i senzatetto «Sono resistenti. Se le trattano bene, durano pure un anno»

«La soluzione trovata per poter offrire un rifugio ai senzatetto contempla anche l’esigenza di ottenere un prodotto ecocompatibile». Così, la scelta del Rotaract Club Palermo Montepellegrino è ricaduta su delle scatole componibili di cartone. Partendo da un prototipo che, a voler pensare male, gli stessi clochard di tutto il mondo avrebbero potuto brevettare. «Il nostro Rifugio minimo è facile da montare e da trasportare, duraturo e poco costoso», spiega a MeridioNews l’architetto Giuseppe Barocchieri che ha elaborato il progetto e che è anche il presidente del Club. Un’iniziativa accolta senza troppo entusiasmo non solo da chi vive per strada ma anche da chi di loro si prende cura con costanza: «Se avessimo saputo che c’era l’intenzione di investire qualcosa per i senzatetto – commenta Sabrina Ciulla la fondatrice dell’associazione Anirbas – ci saremmo messi a disposizione per provare a suggerire delle alternative». 

Dopo oltre un anno di progettazione, il Rotaract Club è arrivato alla forma definitiva del Rifugio minimo: un prisma pentagonale di cartone composto da quattro elementi. Tre portanti che costituiscono sia la struttura che l’involucro e un quarto elemento di chiusura. Ogni scatola è lunga due metri e alta 90 centimetri. «La forma – ci tiene a precisare l’architetto Barocchieri – che somiglia a quella di una valigia (i maldicenti direbbero che somiglia più a una bara, ndr) è stata progettata a partire dalle dimensioni dell’essere umano. Il pentagono – aggiunge – ci consente di avere lo spazio giusto nei punti in cui è necessario ma senza sprecare materiale». Cartone alveolare dallo spessore di un centimetro, che dal Club definiscono «resistente e durevole» e con una «adeguata resistenza all’acqua», che viene montato con incastri e cordonature per «proteggere i senza dimora dal freddo». Difficile pensare che possa avere la stessa funzione riparatrice per la pioggia o l’umidità che proviene dal terreno. «I senzatetto, però, cercano già dei luoghi sotto cui ripararsi che siano dei portici o delle pensiline», fa notare Barocchieri. 

«Se li trattano bene – sostiene il presidente – questi rifugi temporanei hanno un ciclo vitale di un anno. Anche perché – aggiunge – la ditta che li ha prodotti ha spruzzato sul cartone uno spray che rende il materiale idrorepellente». Ogni Rifugio minimo è costato 50 euro. Il Club, al momento ne ha a disposizione venti e i primi cinque sono già stati distribuiti ai clochard del centro storico. «C’è stata un po’ di reticenza iniziale da parte loro – ammette Barocchieri – e qualcuno si è anche dileguato mentre andavamo a prendere i cartoni in macchina, altri invece hanno compreso, li hanno accolti e ci hanno anche ringraziati». Un campione ancora piuttosto esiguo per trarne delle statistiche visto che parliamo di cinque persone sulle circa 120 che a Palermo non hanno una casa e dormono, se va bene, in macchina, altrimenti, per strada. 

«Sono quasi tutti uomini dai 20 ai 65 anni e si dividono quasi a metà tra italiani e stranieri – racconta Ciulla di Anirbas – Alcuni per coprirsi ai cartoni preferiscono i bidoni di plastica, quelli che si usano per l’immondizia. Una iniziativa molto bella, qualche anno fa, era stata quella di distribuire ai clochard dei gilet termici che si ricaricavano con la luce solare», ricorda la fondatrice dell’associazione che da sette anni, ogni settimana, incontra i senzatetto e distribuisce loro un box con il cibo. «Evitiamo di distribuire rosticceria – racconta Ciulla – ma ci piace preparare le ricette della nonna, dalle polpettine con la salsa allo spezzatino, anche perché noi distribuiamo i pasti la domenica». Ventiquattro tappe in tutta la città coperte da quattro squadre di volontari. «In ogni caso, il cibo resta soltanto un modo per incontrarli, avvicinarli, ascoltare le loro esigenze e – conclude la fondatrice di Anirbas – provare ad andare incontro ai loro bisogni più concreti». 

Marta Silvestre

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