Scarface, chieste condanne per oltre mezzo secolo In bilico l’aggravante mafiosa per i reati finanziari

Condanne per oltre mezzo secolo di carcere, ma anche la possibilità che alcuni dei capisaldi dell’inchiesta possano venire meno. Sono questi i tratti salienti delle richieste di condanna formulate, nei giorni scorsi a Catania, durante la requisitoria del processo di primo grado scaturito dall’inchiesta Scarface, risalente al 2014. Alla sbarra oltre al boss Nuccio Mazzei, che rischia 16 anni per associazione mafiosa, ci sono Ivano e William Cerbo. Padre e figlio ritenuti dai militari della guardia di finanza al vertice di un reticolo di società a livello nazionale con un business milionario. L’accusa proprio per i reati di natura finanziaria, tra cui numerose intestazioni fittizie e l’ipotesi di bancarotta fraudolenta, ha chiesto l’esclusione dell’aggravante dell’articolo sette. I Cerbo per la procura sarebbero colpevoli ma non avrebbero ingrassato le casse dei Carcagnusi di Mazzei.

William Cerbo – per lui chiesti 16 anni e 8 mesi – in questi anni è stato affiancato al più noto Tony Montana della pellicola cinematografica, la stessa che dà il nome all’inchiesta. Tre anni fa, quando i militari della guardia di finanza procedono agli arresti, nella disponibilità dell’uomo viene trovato un trono dorato simile a quello del film. Nero con rivestimento in pelle, e tanto di iniziali cucite nello schienale. C’è poi anche il progetto faraonico di una villa identica a quella vista su Scarface e poi realizzata dal camorrista Walter Schiavone

Imputate nel processo di primo grado anche altre 15 persone, tutte rinviate a giudizio dal giudice per le indagini preliminari Francesco D’Arrigo a metà 2015. Coinvolti nell’inchiesta Scarface, e in parte giudicati in un filone giudiziario separato, anche alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine. In particolare sei uomini della guardia di finanza che sono accusati a vario titolo di peculato, omissione di atti di ufficio, violenza privata, calunnia e falso in atto pubblico. Quattro di loro – Francesco Caccamo, Gianfranco Corigliano, Domenico Minuto e Massimiliano Palermo – sono stati ritenuti colpevoli nel processo di primo grado. La condanna più pesante è quella al luogotenente Caccamo, sette anni e sei mesi. Proprio quest’ultimo compare anche tra gli imputati di questo processo, con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, per cui è stata chiesta l’assoluzione, e corruzione. Il militare, luogotenente delle fiamme gialle, nel 2012 avrebbe avvisato alcune persone, tra cui gestori e titolari di stabilimenti balneari, di alcuni controlli economici che stavano per essere messi in atto. 

Con i Mazzei sarebbero andate a braccetto anche alcune tra le più note discoteche di Catania. Nel 2014, nei faldoni dell’inchiesta
Scarface, finiscono i nomi del Moon Beach e del 69Lune. Il primo locale sarebbe stato intestato fittiziamente per metà delle quote alla Meta Harmony di Letteria Di Paola – moglie di Ivano Francesco Cerbo, padre di William. Discorso identico per Klizia Cerbo alla quale i familiari avrebbero intestato il 50 per cento delle quote sociali della Edil Mascara. Per quest’ultima l’accusa ha chiesto una condanna a un anno e quattro mesi con sospensione della pena. 

Le richieste di condanna:
Sebastiano Mazzei: 16 anni, più pene accessorie;
Francesco Caccamo: sei anni, più pene accessorie;
Gaetano Cantarella: assoluzione;
Francesco Ivano Cerbo: sette anni e sei mesi;
Klizia Cerbo: un anno e quattro mesi (con pena sospesa);
William Cerbo: 16 anni e otto mesi;
Monica Ciaravolo: un anno e quattro mesi;
Cirino D’Assero: cinque anni;
Gabriele Santi Di Grazia: otto anni;
Michele Di Grazia: sei anni;
Letteria Di Paola: due anni;
Angelo Finocchiaro: sei anni;
Rosario Guarnaccia: tre anni;
Massimo Ippolito: un anno e quattro mesi;
Carmelo Panebianco: quattro anni;
Lucio Stella: dieci anni.

Dario De Luca

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