I figli so’ pezzi ‘e core. Non solo per Mario Merola, ma anche per Massimo Rosso. Capo della ragioneria del Comune di Catania e braccio destro del sindaco Enzo Bianco, finito indagato per corruzione nell’ambito del presunto malaffare che si sarebbe annidato nella gestione dell’appalto dei rifiuti nel capoluogo etneo. Una vicenda che, parafrasando il famoso criminale Massimo Carminati, si sarebbe svolta tutta sul palcoscenico del mondo di mezzo. Dove allo stesso tavolo avrebbero intrattenuto relazioni faccendieri, imprenditori spregiudicati e amministratori pubblici. Rosso, per garantire il servizio al raggruppamento d’imprese Seneco avrebbe messo al primo posto le due figlie e gli studi universitari a la Sapienza di Roma. «Chi ce la sta pagando?», domandava un uomo intercettato riferendosi alla casa romana mentre parla con l’altro indagato Antonio Natoli. «Ce la sta pagando iddu, Tonino». Per i magistrati Tonino non sarebbe altro che il re dei rifiuti Antonio Deodati. Pronto, secondo l’accusa, a sborsare 20mila euro l’anno per il soggiorno nella Capitale delle figlie dell’amministratore etneo.
Tonino però quell’affitto per il suo amico siciliano lo avrebbe voluto mantenere riservato. Almeno questo è quello che ha riferito l’affittuario dell’immobile quando è stato chiamato dagli investigatori a riferire chi ci fosse dietro. Il canone previsto, 700 euro escluse le utenze, sarebbe stato versato direttamente dall’imprenditore. L’accordo, inizialmente previsto per il primo semestre del 2017, è stato allungato con il pagamento di un anticipo per il mese di ottobre. Dopo il faccia a faccia con gli agenti della Direzione investigativa antimafia di Catania il proprietario dell’immobile contatta Deodati, spiegandogli di avere ricevuto un’offerta d’acquisto. Motivo per cui chiede che la casa venga liberata. L’imprenditore, secondo quanto ricostruito nelle carte dell’ordinanza, si sarebbe immediatamente attivato per recuperare un nuovo tetto «per due studenti femmine».
Un capitolo a parte è quello delle assunzioni. Rosso, secondo quanto ricostruito dai magistrati, avrebbe chiesto di mettere a libro paga di Deodati i fidanzati delle figlie. Contratti a tempo indeterminato e, per uno di questi, definito dagli indagati «un bonaccione di 27 anni», sarebbe spettato un posto in un’isola ecologica di Catania. Un ruolo a quanto pare cucito su misura senza particolari responsabilità. Deodati, intercettato, spiegava «di metterlo là, che non lo vede nessuno». Il suo dipendente Natoli replicava: «Uno scemo completo». Epiteto che sottolineava la concessione di un presunto favore che l’imprenditore avrebbe fatto valere al momento dovuto: «Io ti sto facendo una cosa grossa… Tu me la stai facendo pure a me». L’assunzione, scrive il giudice per le indagini preliminari, è poi effettivamente avvenuta a fine gennaio scorso.
Il voce del duo Rosso-Deodati viene intercettato anche quando si parla della gara d’appalto. Un appalto della durata di sette anni, inizialmente vinto dal consorzio Ipi-Oikos, e poi gestito in maniera mascherata e di proroga in proroga con modalità emergenziali da Seneco: ovvero Eco.Car e Senesi. Rosso, nonostante il ruolo apicale a Palazzo degli elefanti, avrebbe lavorato anche per Deodati, fornendo consulenze, sbloccando pagamenti ma anche altri genere di servigi. Tra questi, spiegano gli inquirenti, anche la predisposizione dei documenti per la partecipazione al bando settennale del Comune. La maxi-gara da 350 milioni di euro a cui Deodati sarebbe stato interessato e della quale Rosso comunica gli sviluppi: «La gara nuova forse è pronta, adesso esce», dice, intercettato. A dargli l’aggiornamento sull’iter amministrativo dell’appalto sarebbe stato l’ex capo di gabinetto di Enzo Bianco, Giuseppe Spampinato: «Peppe è un amico, un mio amico personale – prosegue Rosso – Lui, come ce l’ho io, ha un buon rapporto con il sindaco. Quindi può essere anche il mezzo per arrivare al sindaco». La raccomandazione al re dei rifiuti laziale, però, è una: «Tu tienilo buono. Non esagerare!».
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