Ci sono anche bambini in tenera età, qualcuno in fasce. L’ennesimo “carico” di disperati che giunge sulle coste di Palermo ha i volti della speranza di interi nuclei familiari, siriani soprattutto, in fuga dall’orrore. Quattrocentodieci persone, soccorse nelle scorse ore nel Canale di Sicilia, sono sbarcate oggi al molo Quattro venti. A condurli alle porte di una nuova vita è stata una nave irlandese. La maggior parte di loro, spiegano i soccorritori, proviene da Siria, Eritrea, Sudan, Gambia e Nigeria. Ad accoglierli al porto la consueta task force, coordinata dalla prefettura, con la Caritas di Palermo, la Croce rossa italiana, il Comune, la Protezione civile, l’Azienda sanitaria provinciale e forze dell’ordine.
Ottanta di loro, in maggioranza famiglie, saranno accolte nel centro di prima accoglienza di Giacalone, dove resteranno fino a lunedì, quando verranno trasferiti. Nella struttura avranno modo di rifocillarsi e riposarsi prima di proseguire il loro viaggio, ciascuno verso la propria destinazione. «Anche questa volta riapriremo uno dei nostri centri per l’emergenza, così da dare un riparo momentaneo a quelle famiglie che, venute dalla Siria e in fuga dalla guerra, hanno bisogno di trovare ristoro per poi proseguire il loro viaggio – spiega Nadia Sabatino, responsabile dell’area Immigrazione della Caritas -. Ad un anno dalle nostre prime esperienze nel sistema degli sbarchi, abbiamo messo a punto regole e ruoli per migliorare il nostro stile di accoglienza».
La macchina dell’accoglienza a Palermo è rodata, ma padre Sergio Mattaliano, direttore della Caritas diocesana, avverte: «Noi, come sempre, siamo presenti e pronti ad accogliere chi viene nella nostra terra alla ricerca di un futuro e di una vita migliori. Ma la Sicilia non può essere lasciata sola a gestire l’accoglienza. La nostra Isola e l’Italia in generale sono le prime coste in cui approdare e saranno così inevitabilmente impegnate a farsi carico di sbarchi e accoglienza e l’Europa non può lasciarle sole».
«ll potenziamento di Frontex e dell’operazione Triton è improntato soltanto alla difesa delle frontiere – conclude padre Mattaliano -. Mentre, si dovrebbe fare di più per evitare le stragi in mare. Si tratta di esseri umani, nostri fratelli e come tali vanno aiutati».
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