Sanità, con gli utili si pagherà il mutuo con lo Stato Medici: «Follia, mancano livelli minimi di assistenza»

«Sa come mi sembra quest’articolo? Come se io e lei andassimo a comprare un biglietto alla lotteria; ci convinciamo che abbiamo vinto 500mila euro e intanto cominciamo a spendere». Pippo Digiacomo, presidente della commissione Sanità dell’Ars, usa una metafora per esprimere il suo giudizio negativo sulla norma – presentata dal governo Crocetta e approvata ieri dall’Ars – che taglia 127,8 milioni di euro al fondo sanitario regionale. Il biglietto della lotteria, in questo caso, è proprio la sanità siciliana. Risanata nei conti dopo uno stillicidio di tagli. E adesso che, per la prima volta, il settore produce utili, il governo regionale ha deciso di far pagare alla stessa sanità il mutuo contratto con lo Stato proprio per risanare il vecchio disavanzo del settore. I soldi per le rate non saranno quindi più attinti dal bilancio della Regione, ma dal fondo sanitario.

«Una follia, oltre un controsenso – attacca Renato Costa, segretario della Cgil medici – se fossimo una ragione avanzata si potrebbe accettare, ma non riusciamo neanche a garantire i livelli essenziali di assistenza. È inutile che che i deputati difendono i singoli ospedali nei vari territori, se poi quando si deve fare cassa, si procede a spese di tutti i cittadini». L’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, ha spiegato le ragioni del provvedimento: «Quando iniziò il piano di rientro (da cui deriva il mutuo da pagare ndr) c’era una sanità in forte disavanzo e una Regione che stava abbastanza bene dal punto di vista del bilancio. Da quel momento a oggi le cose si sono completamente ribaltate: il bilancio della Regione ha tre miliardi di oneri in più. La sanità nel frattempo è andata in equilibrio e l’anno scorso ha prodotto un utile. Quindi – continua – riteniamo, dal punto di vista logico, opportuno, che la sanità a questo punto, possa farsi carico di oneri che a suo tempo erano stati fatti proprio per permetterle di rientrare». Tuttavia il governo, ammettendo il rischio legato a questa modifica, ha previsto anche delle clausole di salvaguardia, cioè una sorta di paracadute. «Se – ha aggiunto Baccei – per effetto di questo maggiore onere la sanità dovesse andare in disequilibrio, la Regione gli ridà i soldi nel 2017».

Chi non ci sta sottolinea che l’utile prodotto dalla sanità in questi anni di lacrime e sangue, dovesse essere reinvestito per migliorare il settore sul territorio, «come accade d’altronde anche nel resto d’Italia», precisa Digiacomo, che in aula chiede: «Assessore, ma lei c’è stato nei pronto soccorso della Sicilia? Ma come si fa a sottrarre oltre cento milioni di euro per finanziare società fallite o fallimentari». «Con quei soldi – aggiunge Costa, della Cgil medici – andava potenziata la medicina territoriale, se si vuole davvero risparmiare sulla sanità bisogna fare investimenti sulla prevenzione, cioè evitare che la gente si ammali. Questo ormai è un principio scientifico assodato, ma che i politici siciliani si ostinano a non comprendere. Bisognerebbe investire sul personale, basti pensare che ci sono macchinari comprati nel 2009 con fondi europei che non sono mai stati messi in funzione perché non c’è abbastanza personale». 

L’assessore Baldo Gucciardi ha confermato che i concorsi per le nuove assunzioni si faranno. «Siamo pronti a immettere nuove unità e a stabilizzare i lavoratori a tempo determinato», ha detto. Promessa a cui i medici non credono. «C’è una legge statale sul pubblico impiego che garantisce al personale siciliano che lavora fuori dall’Isola di tornare – spiega Costa – questi, nel momento in cui saranno approvate le piante organiche e si saprà quanti posti sono disponibili, avranno diritto di prelazione. Eppure non riusciamo ad avere una stima di quanti sono. La Sicilia, a differenza di altre regioni come la Toscana e la Calabria, non ha emanato una legge che garantisse la salvaguardia delle professionalità presenti. Mi dispiace dirlo, ma anziché assunzioni ci ritroveremo con licenziamenti».

C’è infine il difficile rapporto con Roma. La Sicilia resta l’unica Regione a partecipare alla spesa sanitaria regionale per il 49 per cento (quota aumentata di sette punti percentuali negli ultimi anni). Il ritorno a una compartecipazione del 42 per cento è uno dei punti chiave della trattativa in corso con il governo Renzi. Secondo Digiacomo, così come per il Movimento cinque stelle, l’approvazione della norma di ieri, rappresenta un’occasione persa per «battere i pugni sul tavolo e dire che alla Sicilia spettano 600 milioni di euro di compartecipazione alla spesa sanitaria». Ma proprio sull’aspetto economico, Crocetta è riuscito a convincere i deputati, promettendo una riduzione dell’Irpef che finora ha garantito la copertura del mutuo: «Adesso – ha spiegato – facendolo gravare sul Fondo sanitario, anche il mutuo viene compartecipato dalla Regione, per 60 milioni di euro, mentre la parte restante, quasi 70 milioni di euro viene pagato dallo Stato». 

Salvo Catalano

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