San Berillo, occasione persa o opportunità? Le idee dei giovani professionisti catanesi

Lo hanno esposto nell’atrio di Palazzo degli elefanti, come opera d’arte da ammirare piuttosto che oggetto da analizzare ed eventualmente criticare. Perché in realtà sul piano di riqualificazione di corso Martiri della Libertà, firmato dall’architetto Mario Cucinella, non ci sarà nessuna discussione. Il consiglio comunale non potrà modificarlo, perché la progettazione di questa martoriata area di Catania esula dal Piano regolatore generale della città. Ottenuto quindi il via libera del Genio Civile, l’iter che porta all’inizio dei lavori, previsto per ottobre, procede spedito. Eppure quel modellino tridimensionale continua a far discutere e divide professionisti e associazioni. Un progetto calato dall’alto o coerente con il resto della città? Troppo o poco verde? Destinazione d’uso corretta o anacronistica? Occasione persa per Catania o opportunità unica di sviluppo e cambiamento?

Al centro del tavolo dello studio Soa, Spazio oltre l’architettura, ci sono le foto del masterplan firmato Cucinella. Soa è uno studio di tre architetti e quattro ingegneri associati, nato a marzo di quest’anno. Professionisti giovani, compresi tra 28 e 34 anni, che hanno scelto di abbandonare gli studi già ben avviati in cui avevano iniziato le rispettive carriere, per mettersi in proprio. «L’architetto è sempre un nome e cognome con tanti schiavi a seguito, noi siamo Soa, associati di diritto e non solo di fatto», spiega Valeria Spampinato, una delle quattro donne dello studio.

L'open space di via Redentore

Nati e cresciuti all’ombra dell’Etna, si sono laureati a Catania, Palermo e Reggio Calabria. Gli ingegneri hanno imparato a conoscersi all’università, gli architetti si sono aggiunti dopo. Fino a quando la coraggiosa idea di fare da soli, accennata inizialmente quasi come uno scherzo, ha preso forma e sostanza. «Molti tra colleghi, amici e parenti ci hanno preso per pazzi – ammettono – ci dicono che siamo troppi e che manca un leader, ma noi vogliamo essere proprio così. Sappiamo che il mercato catanese è difficile, ma eravamo stanchi di lamentarci e volevamo rompere gli schemi collaudati».

Il primo cambiamento rispetto ai loro colleghi è immediatamente visibile. Lo studio di Soa è un open space in via Redentore, strada piccola e poco trafficata alle spalle del viale XX settembre. Piano terra, grandi vetrate, ambiente luminoso e accogliente, un’area di lavoro comune, in cui comunicare e confrontarsi agevolmente. Nessuno ha una stanza per sé, mentre c’è un angolo per la consultazione con il pubblico. «Molti colleghi si nascondono – spiega Maria Elena Mazzaglia– noi vogliamo far vedere cosa facciamo, non fermarci ad

Maria Elena Mazzaglia, ingegnere

uno studio di progettazione. All’inizio qualcuno ci ha persino scambiato per un negozio di mobili». A maggio si sono fatti promotori degli European solar days, una tra le più importanti campagne d’informazione su scala continentale per la promozione dell’energia solare. Un evento che si sposa con la sensibilità di questi giovani professionisti per i temi legati alla sostenibilità ambientale.

Una lunga premessa per spiegare perché abbiamo pensato proprio allo studio Soa per avviare un dibattito sul San Berillo. Cosa pensano del progetto di Cucinella i giovani architetti e ingegneri catanesi, troppe volte lasciati ai margini delle scelte di progettazione? Giovani che oltre a essere professionisti vivono quotidianamente la città, con le sue abitudini, le urgenze ed i problemi, e che da studenti, in diversi laboratori, si sono interessati al San Berillo?

Il dibattito nell’open space di via Redentore sembra ricalcare su scala ridotta le divisioni di tutta Catania. «Parlando di Corso dei Martiri va fatta una premessa – precisa Alberto Marletta – possiamo lavorare su due ipotesi: una attinente alla fantasia, in cui siamo

Alberto Marletta, ingegnere

totalmente liberi di ripensare quell’area, e una che si scontra con la realtà». La realtà si chiama Istica, Risanamento San Berillo e Cecos, cioè i privati proprietari delle aree protagoniste di un contenzioso che è andato avanti per cinquant’anni e che è stato risolto dall’amministrazione guidata dal sindaco Stancanelli nell’autunno scorso. «Le aree su cui si costruirà non sono pubbliche e non rientrano nella progettazione generale della città in quanto esulano dal piano regolatore. Questo è un primo importante handicap, perché viene a mancare una visione complessiva delle esigenze della città, ma da un altro punto di vista è meglio così: se l’iniziativa fosse stata nelle mani del Comune, probabilmente sarebbe rimasto tutto uguale». Su questo punto sono d’accordo. Le divergenze ruotano attorno a tre concetti: innovazione, contestualizzazione, rappresentatività.

«L’evoluzione di una città – è la critica di Alessandro Tabuso – deve rispecchiare la contemporaneità, mentre Catania è ferma agli anni ’50. Questa poteva essere l’occasione

Alessandro Tabuso, ingegnere

per costruire un edificio simbolo, anche molto alto, che sarebbe servito da attrazione per i turisti di tutto il mondo, lasciando così più spazio al verde». L’elemento contemporaneo divide. Trova consensi e critiche. «Sarebbe stato un simbolo visibile dal mare – spiega Maria Manuli – mentre nel verde sarebbe potuta nascere una cittadella per gli sport meno comuni». «Se si pensa a Bilbao – è la replica di Maria Elena Mazzaglia– viene in mente soprattutto il Guggenheim. Pensando a Barcellona, invece non c’è un segno che prevale sugli

Maria Manuli, architetto

altri. Sono due città spesso prese a modello, ma Catania avrebbe bisogno di una nuova progettazione di ampio respiro, non legata ad un unico elemento di attrazione». Manca comunque, a detta di tutti, la novità, il mai visto. «Cucinella inserisce volumi già realizzati per altri progetti e non crea un vero e proprio parco urbano, perché la maggior parte del verde è di copertura per gli edifici, poco profondo e di difficile manutenzione», sintetizza Francesco Puglisi.

I giovani professionisti avanzano alcune ipotesi per cucire corso Martiri al resto della città. Partendo dall’esistente. «Catania dovrebbe vivere di interconnessioni – spiega Alberto Marletta – in quella zona ci sono già la stazione dei bus e quella dei treni, e a breve la metro, ma è tutto separato. Sarebbe utile creare un unico nodo di interscambi in mezzo al verde, funzionale ai cittadini e ai turisti, anziché realizzare parcheggi scambiatori mai aperti». Predomina l’impressione che il progetto di Cucinella sia «calato dall’alto», un giardino di Babilonia dentro un fazzoletto chiuso. Ecco perché i giovani

Francesco Puglisi, ingegnere

professionisti catanesi insistono sulla necessità di legare, creare percorsi per rendere più omogeneo il tessuto urbano. «Si parla di pista ciclabile sull’attuale Corso – spiega Puglisi – ma che senso ha realizzare un rettilineo per le bici che finisce alla stazione? Serve creare una rete concettuale, culturale e della

Valeria Spampinato, architetto

mobilità tra il nuovo parco, la stazione, le Ciminiere e il lungomare». Valeria Spampinato li chiama «micronodi di scambio», da affiancare «a laboratori e spazi aggregativi per i giovani». «E’ vero – ammette – nonostante non venga mai superata l’altezza degli edifici esistenti, c’è poca continuità con la città che rimane fuori. Ma forse i catanesi non invocano tanto una continuità tecnica o stilistica, quanto piuttosto una emozionale. Vogliono vedere quello che sono abituati a vedere».

Non sono sogni astratti quelli di questi giovani architetti e ingegneri. Sono idee che, libere da preconcetti, guardano al nuovo Corso dei Martiri cercando di farne non un’isola avulsa dalla città, ma il nodo centrale della nuova Catania. Guardano oltre e guardano insieme. Quello che a Catania nessun amministratore riesce più a fare da tempo.

Salvo Catalano

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