Il comizio in piazza Manganelli è saltato, ma in un modo o nell’altro Matteo Salvini, la piazza, se la prende comunque. E con essa pure il centrodestra, partendo da Catania, le cui elezioni amministrative del 10 giugno avranno «valenza nazionale». Dovesse vincere il forzista Salvo Pogliese, anche i leghisti non esiteranno a dire che il centrodestra è vivo e in salute. Malgrado il governo giallo-verde e quell’intesa con Luigi Di Maio – in Sicilia nelle stesse ore per lanciare i candidati grillini – che pare andare oltre l’opportunità politica.
«L’alleanza con loro non è un’alleanza politica, ma un’alleanza di governo basata su un contratto che contiene molto del programma del centrodestra», risponde Salvini sul tema che ne sarà di Berlusconi e Meloni. Sfumature da una Terza Repubblica che occupa e reinterpreta simboli e temi della Seconda.
Il ministro dell’Interno sale sul predellino, non più quello di piazza San Babila, ma un muretto all’ingresso dell’albergo catanese dove il leghista incontra i giornalisti. Riceve in dono una cesta di frutta e verdura, e brandendo una zucchina e una pesca, Salvini giura fedeltà al sud: «Difenderemo i prodotti della nostra terra». La Sicilia è ormai «la seconda casa», il posto dove l’inventore della Lega partito nazionale è felice di passare «la prima domenica da ministro». Dall’autunno del patto dell’arancino e di Salvini attore secondario del centrodestra, per qualcuno alieno nordista in terra ostile, sembra essere passato un secolo.
La folla è soddisfatta, è carica, e manda in tilt piazza Verga, il mercato del contadino, invadendo pure la hall dell’Excelsior. Circondava il leader già quando arrivavano le preannunciate contestazioni di alcuni cittadini ed esponenti di movimenti e centri sociali. Un gruppetto viene bloccato dalla polizia, un altro raggiunge il ministro dell’Interno appena giunto in piazza e parte con i cori: «Salvini fascista, Salvini razzista». I fan ribattono fra urla e applausi, mentre Salvini riesce a farsi strada fino a una saletta zeppa di cronisti. A quel punto il ministro rilucida i siluri, senza dimenticarsi di tirare la volata del candidato sindaco etneo, già collega all’Europarlamento. L’avversario pentastellato Giovanni Grasso non viene citato, le attenzioni vanno tutte sul sindaco uscente Enzo Bianco: «Il Pd si goda l’ultima settimana di governo a Catania perchè da lunedì ci sarà il centrodestra ad amministrare con un nuovo primo cittadino».
Pogliese lo ringrazia e gli sottopone due priorità: «La sicurezza nel centro storico, a partire da Corso Sicilia, e l’emergenza abitativa della città». Si punta a vincere già al primo turno, «perché voglio che i catanesi il 24 giugno – data dell’eventuale ballottaggio, ndr – si godano la bella giornata di mare e relax», scherza Salvini dopo aver rinfocolato il tema caldo dell’immigrazione. «Basta alla Sicilia campo profughi d’Europa, servono centri per espellere. Passeremo dalle parole ai fatti, hanno trasformato il Mediterraneo in un cimitero».
In fondo, nella sue prime ore da ministro di piazza, Salvini guida e intasa il dibattito con le varie declinazioni del vecchio caro «Aiutiamoli a casa loro». «Abbiamo il dovere di non far partire i disperati – incalza il capo della Lega – perché limitare gli sbarchi e aumentare le espulsioni significa salvare vite e salvare gli italiani che non ne possono più». Bordate anche per l’Europa che invece di darci una mano, ci manda ancora migranti, e bordate su Francia, Germania e trattato di Dublino. La campagna elettorale non si ferma mai – prossima tappa Pozzallo e la frontiera dei migranti – così come il tiro ai bersagli di sempre: «Il Cara di Mineo? L’ho visitato, spero per l’ultima volta… lo chiuderemo, lo abbiamo sempre sostenuto».
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