Per Salvatore Borsellino le parole del nipote Manfredi, figlio del giudice Paolo, ucciso dalla mafia 23 anni fa in via D’Amelio e ora commissario di polizia, sono state «travisate e dolosamente distorte» e ora rischiano di «colpire e screditare movimento antimafia». Salvatore ne è sicuro, racconta a MeridioNews di averne avuto conferma direttamente da Manfredi, e che lui stesso ha precisato di non essersi riferito, nell’intervista rilasciata alla Stampa, «all’antimafia vera», quella praticata dalle associazioni che si impegnano tutto l’anno sul territorio. Ma di rivolgersi a quei politici che una «volta l’anno si ricordano di Paolo» e utilizzano «l’antimafia delle parole per fare carriera». Per questo Salvatore, a differenza di Manfredi, ci sarà domenica prossima in via D’Amelio, in prima fila come sempre, per chiedere verità e giustizia sulla morte del fratello e di tutte le vittime delle stragi rimaste fino a ora impunite.
«Da sei anni – dice Borsellino – organizzo con il movimento della Agende rosse le manifestazioni in via D’Amelio, quindi sarebbe strano se non andassi anch’io». Le parole di Manfredi, in ogni caso, sono state «travisate perché quando ha parlato di ‘antimafia di facciata’ non si riferiva a questo tipo di manifestazioni o alle persone che da sempre si impegnano per realizzare attivamente il messaggio di Paolo. Ho parlato con lui dopo l’intervista e mi ha detto che le sue parole sono state male interpretate». Secondo Salvatore, infatti, suo nipote non si riferiva alle associazioni che tutto l’anno si impegnano sul territorio come «Libera, Addiopizzo,il movimento delle Agende rosse e il Centro studi Paolo Borsellino. Pensava a certi politici, a chi una volta l’anno parla di antimafia, a chi adopera l’antimafia per fare carriera».
Il leader del movimento della Agende rosse spera che «quanto prima ci sia un chiarimento perché qualcuno sta sfruttando, in maniera dolosamente distorta le parole di Manfredi, solamente per screditare il movimento antimafia». L’intervista del figlio del giudice, tuttavia, segue alle parole ancor più dure della sorella, Lucia Borsellino, che recentemente si è dimessa dalla carica di assessore alla Sanità della giunta Crocetta, proprio perché in contrasto con «l’antimafia di facciata». «Lucia – sostiene Salvatore Borsellino – ha giustamente ritenuto di dover abbandonare il suo incarico alla Regione perché ha voluto dividere le sue responsabilità da quelle di chi dell’antimafia si elegge a paladino, salvo poi venir fuori comportamenti non appropriati visto che questo Tutino era uno dei pupilli di Crocetta».
Per Salvatore, quindi, è giusto attaccare l’antimafia a parole, ma è proprio la generalizzazione e distorsione che respinge e rifiuta: «Sarebbe grave non ci fosse chi come noi si impegna, ad esempio realizzando alla Kalsa, la Casa di Paolo, un centro studi per i giovani a rischio del quartiere. Il resto – aggiunge – sono polemiche vuote». Infine, sui timori di una scarsa partecipazione alle manifestazioni previste per il 23esimo anniversario della strage di via d’Amelio, Salvatore conclude: «Non mi interessa l’affluenza ma lo spirito con il quale le persone partecipano: non sono manifestazioni di massa».
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