Salvatore Borsellino: “La bomba azionata dal citofono? Se le cose sono andate così è stata opera dei servizi deviati”

PARLA IL FRATELLO DEL GIUDICE UCCISO 22 ANNI FA NELLA STRAGE DI VIA D’AMELIO INSIEME CON GLI UOMINI E LE DONNE DELLA SUA SCORTA. “SUL FATTO CHE MIO FRATELLO FOSSE INTERCETTATO NON CI SONO DUBBI. QUANTO A TOTO’ RIINA…”

“Totò Riina dice che mio fratello era intercettato? Non mi sembra una novità. Mio fratello era intercettato. Su questo non ci sono dubbi. Domenica 19 luglio 1992 è stata intercettata la sua telefonata. Sapevano che si sarebbe recato a casa di nostra madre per accompagnarla da un suo amico cardiologo. Non era, quella domenica, una visita usuale. Eppure loro lo sapevano”.

Già, “loro”. “Loro” chi? I mafiosi? Gli uomini dei servizi segreti deviati? I mafiosi e gli uomini dei servizi segreti deviati, anche in quest’occasione insieme?

Salvatore Borsellino è una persona disponibile e gentile. Gli chiediamo se ha dato un’occhiata ai quotidiani on line.

“No, oggi no – ci risponde con tono pacato -. Di solito vivo attaccato al computer. Ma oggi mi sono dedicato ad altro”.

Gli leggiamo i titoli di alcuni articoli. Dove si dice che la bomba di via D’Amelio sarebbe stata azionata con il citofono dell’abitazione di sua mamma, in via D’Amelio. Così, almeno, dice Riina.

“Questa cosa mi sembra un po’ strana – ci precisa Salvatore Borsellino -. Nella vita faccio l’ingegnere elettronico. E’ il mio mestiere. Se è vero che la bomba sarebbe stata azionata da un dispositivo collegato al citofono, ebbene, deve essersi trattato, per forza di cose, di due telecomandi azionati in serie”.

“Questo perché un solo telecomando non avrebbe avuto senso – aggiunge -. Sarebbe stato troppo rischioso. Chiunque avrebbe potuto azionarlo. Diverso, invece, il caso di un doppio dispositivo. Hanno aspettato che mio fratello arrivasse. Magari erano sistemati in un’automobile parcheggiata vicino all’abitazione. Dopo aver visto arrivare mio fratello, hanno azionato il dispositivo del citofono…”.

Così quando il giudice Paolo Borsellino ha premuto il pulsante del citofono, ha azionato la bomba che ha causato la strage di via D’Amelio.

“Ma un dispositivo del genere – ci dice Salvatore Borsellino – è troppo raffinato. I mafiosi non sono in grado di effettuare una preparazione elettronica così complessa. Se le cose sono andate così, ebbene, questa è stata opera dei servizi segreti deviati. Loro sì che hanno le professionalità per fare queste ed altre cose. Come hanno fatto, nel resto, con la strage di Capaci”.

“Quanto a Riina – aggiunge – sarebbe il caso che cominci a spiegare perché continua a coprire questi personaggi, cioè questi signori dei servizi deviati”.

Cogliamo l’occasione per dire a Salvatore Borsellino che domenica scorsa, approfittando del fatto che si trovava a Palermo, avremmo voluto porgergli qualche domanda sulle polemiche non pretestuose, ma sollevate ad arte per cercare di denigrare Massimo Ciancimino e, di conseguenza, il processo sulla trattativa tra Stato e mafia.

I fatti sono noti. Sabato scorso, in via D’Amelio, Salvatore Borsellino ha abbracciato Massimo Ciancimino. A questo punto tutte le ‘vestali’ del bon ton di maniera hanno cominciato a ‘ricamare’ sopra un gesto naturale.

Palermo, la solita, vecchia Palermo ha reagito male: Massimo Ciancimino, figlio di un grande esponente della mafia che decide di parlare: quanto meno va isolato, magari intimidito, non certo abbracciato…

“Guardi – ci dice Salvatore Borsellino – per vent’anni certi sciacalli hanno taciuto. Poi è arrivato Massimo Ciancimino e ha iniziato a raccontare quello che sa. E’ figlio di un mafioso, certo. Ma è un uomo che sta aiutando la Giustizia a ricostruire fatti importanti. Come si fa a non vedere queste cose?”.

“Massimo Ciancimino – osserva ancora Salvatore Borsellino – ha deciso di raccontare quello che sa. In alcuni casi, quello che ha visto. Una scelta che gli sta costando tantissimo. Io non vivo da anni a Palermo. Ma conosco la mia città. So che tanti, incontrandolo, fanno finta di non vederlo. Lui ha accettato e sta accettando tutto questo per provare a ricostruire una verità scomoda. Lo sta facendo anche per suo figlio, al quale è molto legato”.

“Avrebbe potuto tacere e godersi la vita – ci dice sempre Salvatore Borsellino -. Ma non l’ha fatto. E, ripeto, sta pagando un prezzo molto salato”.

“Io apprezzo quello che sta facendo – conclude -. Sabato mi ha telefonato. Mi ha chiesto: ‘Posso venire con mio figlio?’. Gli ho detto sì. Da anni, ormai, mi tocca fare la guardia per impedire agli sciacalli di venire in via D’Amelio. Ma a lui ho detto sì per i motivi che ho illustrato. Vederlo mi ha fatto piacere. L’ho abbracciato e continuerò ad abbracciarlo”.

 

Giulio Ambrosetti

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