Sagre e Covid, Regione affida scelte ai Comuni Tra chi si ferma per il secondo anno e chi ci sarà

«A seguito delle limitazioni imposte dal Dpcm 14 gennaio 2021, sono pervenute richieste di chiarimenti in ordine alle restrizioni poste dalle amministrazioni comunali sullo svolgimento dell’attività del commercio su aree pubbliche nelle fiere, sagre e manifestazioni assimilabili». Con queste parole scritte sulla gazzetta ufficiale della Regione Siciliana, l’assessorato alle Attività produttive guidato da Mimmo Turano tenta di chiarire i dubbi di sindaci e amministratori, ma anche dei cittadini, ansiosi di sapere se anche per quest’estate dovranno rinunciare a feste e sagre di tradizione a volte centenaria. 

Una risposta piuttosto scontata in realtà, quella che specifica che «le aree per mercati e fiere locali, fiere-mercato e sagre sono stabilite dal sindaco con il provvedimento di istituzione. Pertanto, le amministrazioni comunali dell’Isola attueranno le disposizioni tenendo conto della distinzione su aree pubbliche istituite dal sindaco o dal consiglio comunale». Ma senza dimenticare che il Dpcm dello scorso 21 gennaio parla altrettanto chiaro, dicendo che «sono vietate le sagre, le fiere di qualunque genere e gli altri analoghi eventi».

«Se un paio d’anni fa fosse venuto qualcuno a dire che per due anni di fila non avremmo fatto la festa l’avremmo preso per pazzo e accusato di eresia». Così parla Francesco Mallia, assessore alla Cultura del Comune di Casteltermini, nell’Agrigentino, dove già l’anno scorso la pandemia ha stoppato la festa del Tataratà, una delle più conosciute e antiche di tutta la Sicilia, che affonda le sue radici nel Seicento. Festa che dovrebbe celebrarsi tra poco, attorno alla quarta domenica di maggio. «Martedì abbiamo un incontro con i ceti che sono la spina dorsale della festa», continua Mallia, con riferimento ai quattro gruppi che animano la festa: celibi, pecorai, borgesi e maestranze. «Vediamo quello che si può fare. L’intento nostro è quello di non mollare la tradizione, sempre nel rispetto delle regole. Sicuramente la messa della domenica, quella a cui i ceti partecipano portando le loro insegne, ci sarà. Metteremo in piazza il carroccio con la copia della croce. Ci dovremo limitare ai simboli». 

La mancanza o quanto meno la limitazione del Tataratà per Casteltermini ha anche ripercussioni sul tessuto economico, per via della grande affluenza di partecipanti e del coinvolgimento viscerale dei cittadini. «La festa coinvolge tutto il paese – prosegue l’assessore – Sono tre giorni in cui a Casteltermini il tempo è sospeso e scandito dai momenti della festa. Il rischio assembramenti quest’anno è relativo perché non facendo manifestazioni precise, senza un orario prestabilito, sarà difficile creare ressa. Purtroppo quello che sarebbe dovuto essere il momento centrale, la cavalcata, rappresenta l’esatta definizione di assembramento, in contrasto con le norme anti-Covid. Bisognerà fare di necessità virtù e cogliere l’occasione per ripensare anche alcune parti della festa per il futuro».

Da feste secolari a sagre più giovani, ma non meno partecipate. È il caso del Cous cous fest, che ogni anno attira sulla cittadina del litorale del Trapanese di San Vito Lo Capo migliaia e migliaia di turisti, con un notevole impatto a livello turistico e di conseguenza economico. Dopo lo stop dello scorso anno, questa volta gli organizzatori non hanno intenzione di fermarsi, studiando una versione in grado di rimanere quanto più possibile entro la morsa delle restrizioni anticovid. «Noi stiamo organizzando il Cous cous fest – dice il sindaco di San Vito Giuseppe Peraino – In maniera diversa, ma lo stiamo organizzando. Stiamo elaborando una serie di percorsi: la prima parte sarà fatta online per la selezione degli chef italiani e stranieri. Poi a settembre ci sarà un percorso diverso e ci stiamo lavorando. L’edizione di quest’anno comunque si farà, anche attraverso i ristoratori, da cui abbiamo ottenuto la disponibilità, con dei menu degustazione che si potranno trovare nei vari ristoranti, anziché sotto ai gazebo del solito village del festival». 

Gabriele Ruggieri

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