Un pezzo di storia della Sicilia occidentale logorato dai segni del tempo. Ad accendere i riflettori sulla Tonnara del Secco, che da tempo versa in uno stato di assoluto abbandono, ci pensano tre residenti della zona che hanno istituito da qualche mese il comitato Salviamo la Tonnara di San Vito Lo Capo. L’unica ancora di salvezza è mirare al censimento I luoghi del cuore FAI, con la speranza di poter beneficiare di un intervento di recupero.
«Il nostro scopo è amplificare l’attenzione sulla Tonnara di San Vito – dichiara Melchiorre Miceli, ideatore dell’iniziativa insieme a Nicola Lazzarino e Giusy Galante – promuovendo la votazione per le strade del centro e attraverso la pagina Facebook. Il luogo che otterrà più voti sarà preso in considerazione dal Fondo Ambiente Italiano e solo così si potranno avviare le procedure di messa in sicurezza. In questo momento – continua Miceli – l’area rischia di crollare su se stessa».
Situata a tre chilometri dal centro, nella tonnara si racchiude tutta la storia di San Vito. Risalente al XV secolo e denominata del Secco per il circostante fondale basso, l’area è situata nel Golfo del Firriato. A pochi metri dall’edificio sono ancora custoditi resti di impianti di lavorazione del pesce del IV secolo prima di Cristo. Le prime notizie ufficiali la associano a re Ferdinando che per primo concesse il permesso di esercitare la pesca nel tratto di mare attorno all’originaria Tonnara di San Vito.
Dopo essere passata di mano in mano tra diversi proprietari. nel 1930 venne acquisita da Plaja e Foderà. L’impianto rimarrà in funzione fino al 1969, quando la zona di pesca sarà spostata altrove. Con la morte dei proprietari, gli eredi l’hanno venduto. Acquistato da Valtur, si è tentato di ripristinarne l’utilizzo turistico, ma senza risultati in quanto il bene è sottoposto al vincolo storico-culturale. In seguito Valtur fallisce e la tonnara viene praticamente lasciata in stato di abbandono.
«Molti dei nostri nonni lavoravano qui, essa rappresenta una delle prime forme di insediamento industriale della zona in cui il pesce veniva pescato, sezionato e venduto», racconta Miceli che sottolinea i risvolti positivi che la Tonnara avrebbe se fosse ripristinata anche sotto forma di museo. «Sotto l’aspetto turistico – continua Miceli -, oltre al mare e al sole, San Vito Lo Capo offrirebbe ai visitatori un bagaglio culturale più vasto raccontando come si viveva e cosa si faceva in questo luogo prima che diventasse una località turistica».
Al momento, comunque, la tonnara è in mano al tribunale ed è anche per questo che l’unico barlume di speranza sembra arrivare dall’iniziativa del Fai. Non vane le speranze della tonnara di piazzarsi tra i primi tre posti, visto che al momento si trova settima nella classifica nazionale e prima in Sicilia con 2355 voti. C’è tempo fino al prossimo 30 novembre per cercare di salvare le sorti del sito di archeologia industriale.
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