S.M. la Scala, il pensiero degli abitanti dopo la tragedia «Con il mare così mosso quel punto è molto pericoloso»

«Quando il mare è grosso, non dovete andare oltre qui. Ci sono nato in questo paese, so cosa dico». La Fiat Panda è stata da poco issata sul molo di Santa Maria la Scala, lì dove domenica sera, all’incirca intorno alle 18, un’onda ha spazzato via il mezzo e i tre giovani che lo occupavano. Due di loro, Lorenzo D’Agata e Margherita Quattrocchisono stati trovati senza vita ieri mattina a circa un chilometro più a sud dal piccolo porticciolo del borgo marinaro. Il terzo occupante, Enrico Cordella, è ancora disperso ed è per questo che in cielo, fino al tardo pomeriggio di ieri, ha continuato a volare l’elicottero della guardia costiera. Le ricerche sono poi state sospese per il maltempo, e sono ricominciate questa mattina all’alba. A osservare le operazioni, a poche decine di metri, erano le persone che in questo borgo vivono da decenni. «Li vede quei massi quadrati – dice un uomo indicando i frangiflutti -. Noi li chiamiamo i casci, quando il mare è forte in quel punto è già molto pericoloso sostare».

Mentre i familiari delle vittime vanno via alla spicciolata, chiusi nel proprio silenzio, sulla piazzetta da cui si guarda proprio il molo c’è chi ragiona su ciò che è successo. A cercare di ricostruire la dinamica sono anche gli uomini della Scientifica, partendo da ciò che è rimasto dell’auto. «A quanto pare uno dei tre giovani era fuori dall’auto quando l’onda li ha sorpresi – sostiene uno degli abitanti del piccolo borgo marinaro -. Forse era la ragazza, si dice che abbia gridato aiuto ma non c’è stato nulla da fare». Qualcuno, dopo aver visto l’auto in sosta quasi all’estremità del molo e il mare alle spalle ingrossarsi, avrebbe provato a raggiungere i tre per suggerire di andare via, ma non sarebbe arrivato in tempo. «Il mare se li era già portati via», aggiunge un 50enne, sottolineando che il punto in cui l’auto è stata ritrovata dista poche decine di metri dal quello in cui la vettura è finita in acqua. «Là l’acqua non è molto profonda, potrebbe essere rimasta incastrata in quella che noi chiamiamo la fossa».

Lorenzo, Enrico e Margherita poco prima di dirigersi verso il molo sono andati in un piccolo bar. «Chi stava ieri dietro al bancone mi ha detto che hanno preso due gelati e poi sono andati via», racconta il gestore. Seduti sugli sgabelli ci sono alcuni ragazzi cresciuti a Santa Maria la Scala. Qualcuno riporta l’attenzione su un fatto che in queste ore è stato ripreso da molti: la mancanza delle barche che in passato venivano posizionate per ostruire l’accesso al molo, quando le condizioni del mare non erano buone. «La Capitaneria di porto è più volte intervenuta dicendo che il passaggio va lasciato libero per eventuali emergenze – commenta un ventenne – ma la verità è che se ci fossero state le barche questi morti oggi non ci sarebbero. Nessun pescatore uscirebbe con un tempo così, che emergenze potrebbero esserci? Le uniche situazioni pericolose possono arrivare da chi viene da fuori e sottovaluta il mare».

Simone Olivelli

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