Sigilli per il depuratore comunale di Santa Maria di Licodia. A disporre il provvedimento, scattato questa mattina, è stato il giudice per le indagini preliminari su richiesta della procura di Catania in seguito alle indagini condotte dal Corpo forestale. A pesare sulla decisione le «gravi carenze dell’impianto di depurazione che scarica i reflui nel vallone Solpa Maneri, denominato Spurpi», spiega una nota della procura. Dalle analisi effettuate dai tecnici dell’Arpa etnea emergerebbero «valori di Esherichia coli anche 800 volte superiori al limite massimo indicato dalla legge vigente», spiega la relazione. Batteri che rappresentano i principali indicatori di contenuto fecale nelle acque.
«I livelli di azoto ammoniacale (contenuto nelle urine, ndr) sono tre volte superiori alla norma», continua il comunicato della procura. Un quadro tecnico che si traduce in un preoccupante «fenomeno di inquinamento ambientale, di deterioramento e di compromissione del corpo idrico superficiale, di uno stato di degrado e di alterazione dell’ambiente naturale». L’impianto, allo stato attuale, risulterebbe «privo di autorizzazione allo scarico».
Nel registro degli indagati sono state iscritte due persone, la cui identità però al momento non è stata resa nota dalla procura. A dare un forte impulso alle indagini, oltre ai dati forniti dai tecnici Arpa, anche denunce ed esposti dei proprietari dei terreni limitrofi al torrente, che arriva fino al Simeto. Gli uomini del Corpo forestale hanno accertato che a monte dell’immissione della condotta le acque scorrevano limpide. Una situazione diversa, invece, è stata registrata per la valle, dove le acque «diventavano torbide, maleodoranti e con presenza di schiuma».
E ancora, sottolinea la procura: «Sia pur diluite dalla presenza di acque pulite, lo stato di quelle successive all’immissione nella condotta di scarico evidenziavano chiari segni di contaminazione fecale, sintomo di una non corretta depurazione dei reflui fognari». Motivo per cui, i magistrati hanno disposto il sequestro dell’impianto che però non verrà comunque fermato. Il gip ha previsto, infatti, l’autorizzazione all’uso della struttura, consentendo la prosecuzione dell’attività ma nominando come custode il direttore dell’Arpa di Catania, che dovrà «assicurare lo svolgimento dell’azione di depurazione in conformità con quanto previsto dalla legge».
Quello di Santa Maria di Licodia è l’ultimo di una serie di depuratori finiti sotto la lente d’ingrandimento della procura di Catania. Il primo era stato quello di Mascali, in cui arrivavano più reflui di quanti la struttura fosse in grado di depurarne. Con conseguenze disastrose prima per le acque del torrente Macchia e poi per quelle del lungomare di Sant’Anna, in cui il fiume sfocia. Come anticipato da MeridioNews, poi, le indagini non si sono fermate e hanno coinvolto i 14 impianti di depurazione della provincia di Catania.
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