S.Gregorio, centro sulla collina del disonore Condannati Puglisi Cosentino e dirigenti

Sulla collina del disonore, nella strada che collega Catania a San Gregorio, sorge un centro intrattenimenti che non è mai stato aperto. Progettato dalla società Sofocle, di Salvatore Puglisi Cosentino, è stato sequestrato negli anni scorsi dai giudici. Oggi arriva la condanna per l’amministratore delegato, rampollo della nota famiglia di imprenditori catanesi, per il progettista, e per funzionari della provincia e del Comune di San Gregorio. La terza sezione del Tribunale di Catania, presieduta da Rosa Alba Recupido, ha dato ragione all’accusa, rappresentata dai sostituti procuratori Angelo Busacca e Alessandra Chiavegatti: dietro la realizzazione di quel centro ci sarebbe stata una lottizzazione abusiva, capo d’imputazione per cui sono stati condannati l’imprenditore Salvatore Puglisi Cosentino a un anno e sei mesi, il dirigente della Provincia di Catania, Francesco Impellizzeri, a sei mesi, il responsabile del servizio Edilizia privata del Comune di San Gregorio, Salvatore Buscemi, a un anno e otto mesi, e il progettista della Sofocle, l’ingegnere Santo Catalano, a due anni e quattro mesi. Per Puglisi Cosentino, Catalano e Buscemi è scattata anche la condanna per abuso d’ufficio, solo per Catalano è stato riconosciuto il falso ideologico per lottizzazione. I giudici hanno deciso anche la confisca dei terreni e la demolizione dell’immobile. Che, tuttavia, trattandosi di una sentenza di primo grado, rimarrà momentaneamente al suo posto.

Una storia che giunge al primo grado di giudizio dopo molti anni. Contro la costruzione del centro intrattenimento, che ha sostituito un ricco aranceto, si sono costituiti parte civile alcuni cittadini di San Gregorio. Inizialmente da soli, in surroga, cioè in sostituzione del Comune inadempiente. L’ente infatti si aggiunge solo a seguito del cambio di giunta e viene rappresentato dall’avvocato Goffredo D’Antona. «Gli imputati – scrive l’avvocato ed ex consigliere comunale di San Gregorio, Ivan Albo, nell’atto di costituzione di parte civile – hanno determinato un’alterazione sostanziale del territorio comunale, della sua morfologia, dell’impatto ambientale su quella porzione di territorio comunale alla quale, sottraendo spazi oltremisura un tempo destinati al verde, hanno deturpato irrimediabilmente l’immagine stessa dell’ingresso del proprio paese che vive anche di attrazione turistica, come tutti i paesi etnei». La preoccupazione era legata anche al traffico, in una zona che, dopo anni di forti disagi, solo con l’apertura del vicino svincolo autostradale Paesi Etnei aveva riconquistato più vivibilità.

Il Centro intrattenimenti prevedeva una struttura unica di quasi 17mila metri quadrati che inglobava una multisala cinematografica, una palestra, due attività per il tempo libero, bar, ristoranti, attività varie e servizi, con una serie di spazi e strutture comuni. Secondo l’accusa «la destinazione e la superficie effettiva delle varie attività previste venivano successivamente variate, violando il limite fissato nel 20 per cento per le attività commerciali o comunque con inserimento di attività non previste per la zona interessata e non considerando come commerciali le sale cinematografiche e altre attività disciplinate invece come attività commerciali o paracommerciali, ad esempio vari esercizi per la vendita di cibi e bevande, farmacie, rivendite di giornali, tabacchi, rivendite di musica, gallerie d’arte». «Di fatto – spiega l’avvocato D’Antona che rappresenta il Comune di San Gregorio – sarebbe diventato un centro commerciale come tanti altri nati nella provincia di Catania, violentando il territorio».

Contestata durante il processo anche la realizzazione di una rotatoria per il raccordo tra il centro e la via Catania, costruita grazie al parere favorevole del dirigente della provincia Impellizzeri, e che, secondo l’accusa, «presenta caratteristiche morfologiche tali – forte pendenza, curva a 90 gradi – da recare pregiudizio alla sicurezza e fluidità del traffico». Su questo aspetto, tuttavia, i giudici non hanno riconosciuto colpevole il dirigente della provincia per il nulla osta rilasciato.

Salvo Catalano

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