E giunto il momento di dire basta, di avere il coraggio di rompere con le logiche del passato rinunciando per sempre alle logiche clientelari, alle nomine politiche di manager e primari, di rinunciare alle guerre fra opposte fazioni: in una parola, di liberare la sanità siciliana, se non dalla politica, almeno dalla cattiva politica. Per restituire dignità al paziente-utente abbiamo tutti il dovere di fare un passo indietro per provare a farne due in avanti nellinteresse esclusivo dei cittadini di questa martoriata terra.
Così Michele Palazzotto e Renato Costa, rispettivamente, segretario regionale della Cgil funzione pubblica e segretario della Cgil medici della Sicilia concludono la lettera che, qualche settimana fa, hanno inviato allassessore regionale alla Sanità (o Salute), Massimo Russo. Invito andato a vuoto. Come già ricordato nella prima puntata del nostro Medaglione, lassessore Russo, di fatto, è stato sfiduciato dal parlamento siciliano. Buon senso – e senso delle istituzioni, anzi: rispetto per le istituzioni parlamentari – avrebbero dovuto convincere lassessore Russo a fare un passo indietro.
Ma lassessore, nonostante la sfiducia che Sala dErcole gli ha tributato, ha deciso di restare sulla plancia di comando dellassessorato. Sorretto, in questa scelta politicamente intelligente, dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Ora, se Russo non ha particolare dimestichezza con la vita parlamentare, non altrettanto può dirsi per Lombardo, che dovrebbe comunque sapere che i parlamenti, per definizione, si autodeterminano.
Che significa questo? Semplice: Russo non è un parlamentare, ma un comune cittadino che il presidente Lombardo ha designato assessore. Se ne deduce che Russo entra a Sala dErcole non da avente diritto a tutti gli effetti in quanto parlamentare con un mandato popolare alle spalle, ma da invitato. Morale: se il parlamento dellIsola, a maggioranza, decide di non volere più lassessore Russo in Aula, questultimo con che coraggio entrerebbe a Sala dErcole?
Tutto questo si potrebbe verificare, perché un parlamento che ha censurato (e quindi sfiduciato) un assessore non può certo tollerare di rivederselo in Aula tra i banchi del governo. Se ciò dovesse avvenire, si minerebbe la credibilità dellAssemblea regionale siciliana.
Lo scenario, con la decisione di Russo di non dimettersi, nonostante la censura che il parlamento dellIsola gli ha rifilato, è diventato veramente complicato. Un probabile invito del parlamento dellIsola a uscire dallAula suonerebbe, per lassessore Russo, come unumiliazione cocente. Viceversa, se Sala dErcole dovesse tollerare la presenza dellassessore Russo, beh, a perdere la faccia sarebbero proprio i deputati che lo hanno censurato. Comunque lo si guardi, insomma, il duello tra lassessore e lArs non potrà che avere un finale a coda di topo: una delle due parti dovrà per forza di cose uscirne sputtanata. E di brutto.
Se Russo si fosse limitato a ingarbugliare la sanità pubblica siciliana e a farsi ben volere dai parlamentari dellArs che lo hanno messo alla porta, alla fine sarebbe passato alla storia come uno dei tanti governanti isolani non amati (categoria in Sicilia molto diffusa). Il guaio è che Russo si è messo in testa di fare pure politica: cosa, questa, che ha scatenato le ire dei parlamentari (soprattutto del collegio di Trapani) che, forse non a torto, si ritrovano come avversario un personaggio che, pur privo di legittimazione popolare, spatulia in lungo e in largo per lIsola utilizzando il ruolo di assessore.
Risulta interessante, al riguardo, un passo delleditoriale dellultimo numero dei Quaderni de LOra. Fino a che punto è giusto che i magistrati entrino in politica? Antonio Ingroia, pubblico ministero presso il Tribunale di Palermo, ha rifiutato varie offerte che gli sono arrivate dal mondo politico.
Agli occhi del cittadino – dice Ingroia – la magistratura non soltanto deve essere imparziale, ma deve anche apparirlo. Lo stesso magistrato spiega, poi, di essere contrario alla prassi secondo cui un magistrato si possa candidare nello stesso Comune in cui ha esercitato la sua funzione. Specie – dice sempre Ingroia – di fronte al rischio che si alimentino dubbi e sospetti sulla pregressa attività giudiziaria, che possa avere indebolito il suo potenziale avversario politico.
Nelleditoriale dei Quaderni de LOra si cita anche il caso di un magistrato impegnato in politica che si ritrova un proprio imputato come potenziale interlocutore politico. Indovinate un po chi è il magistrato-politico? E proprio il nostro Massimo Russo, ex pm antimafia che, come si legge sempre nelleditoriale dei Quaderni de LOra, dopo aver chiesto la condanna a sette anni per mafia per Vincenzino Culiccchia (poi assolto), smessa la toga e occupata la cadrega, ha chiuso con Culicchia proprio un accordo politico per sostenere, nel 2008, la farmacista Vinuccia Di Giovanni a sindaco di Mazara del Vallo. In quelloccasione vinse Nicola Cristaldi, che commentò: in questa competizione corrono pm e imputati.
Leggendo sempre leditoriale dei Quaderni de LOra ci imbattiamo in unaltra considerazione del pm Igroia: La questione si fa ancora più delicata – osserva il magistrato – allorquando lincarico politico (di un magistrato, ovviamente ndr) non venga assunto sulla base di uninvestitura da parte dei cittadini-elettori, ma in virtù di una designazione fiduciaria per ricoprire cariche politico-governative, designazione proveniente da unautorità di governo locale espressione di una parte politica.
Manco a farlo apposta, è proprio e sempre il caso di Massimo Russo che, come già ricordato, non ha alle spalle un mandato popolare, ma è stato semplicemente designato assessore dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo. E se la questione è delicata, Russo, nel tentare di entrare a pieno titolo nellagone politico, di delicatezza ne sta utilizzando veramente poca, se è vero che si comporta come un futuro, possibile candidato alle elezioni, magari regionali.
Le polemiche sono assicurate, perché, se deciderà di candidarsi, lattuale assessore alla Sanità (o alla Salute) potrebbe anche finire con il ritrovarsi a fare campagna elettorale proprio nel luoghi dove, appena qualche anno fa, ha esercitato il mestiere di pubblico ministero. Con il rischio che i suoi avversari – e non soltanto loro – possano pensare che la sua pregressa attività giudiziaria possa avere indebolito il suo potenziale avversario politico.
Dubbio che non dovrebbe riguardare David Costa, già parlamentare dellUdc a Sala dErcole eletto proprio nel collegio di Trapani, nonché ex assessore regionale massacrato, sul piano mediatico prima che giudiziario, da unindagine condotta proprio da Massimo Russo nel ruolo di pm. Costa è stato assolto in primo e in secondo grado. Poi, in zona Cesarini, quando per lui sembrava che lincubo fosse finito, la Procura generale ha presentato ricorso in Cassazione. Costa, per questa singolare coincidenza, potrebbe essere indotto a vagliare attentamente una sua eventuale candidatura.
Discorso diverso per Giulia Adamo, Livio Marrocco e Toni Scilla. Si tratta di tre parlamentari regionali, eletti nel collegio di Trapani, che fanno capo a due partiti che, dal centrodestra, sono passati al centrosinistra. La Adamo, eletta nel Pdl, è passata nellUdc di Casini, partito che in Sicilia è ormai nel centrosinistra. Idem per Marrocco e Scilla che, dal Pdl, si ritrovano tra i finiani, altro schieramento in viaggio verso la sinistra. Si tratta, a conti fatti, di tre parlamentari che, alle prossime elezioni, dovranno convincere il proprio elettorato di centrodestra a votare per il centrosinistra. Operazione non facile, questa, in una Sicilia tradizionalmente moderata.
Di tutto hanno bisogno questi tre deputati, tranne che di un assessore regionale, per giunta loro alleato, che prova ad entrare nel loro spazio politico cercando – è inevitabile – di togliergli voti. Tutte quattro a cercare voti in unarea di centrosinistra che, in provincia di Trapani – a parte il deputato nazionale Nino Papania – di consensi non ne ha mai avuti tanti. Anzi…
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