Partenza: Roma. Destinazione: Catania. Guanti, mascherina, autocertificazione e perfino il visto, messo nero su bianco, del prefetto di Catania
Claudio Sammartino. Quasi otto ore di viaggio bardata dalla testa ai piedi con tuta integrale acquistata su Amazon qualche giorno prima. Così Francesca – nome di fantasia – ha trascorso il viaggio per tornare nella
propria città per esigenze lavorative. Non prima però di avere richiesto le dovute informazioni, alla Regione e
alla prefettura etnea. Tutte precauzioni che la giovane ha voluto prendere
per affrontare l’itinerario per tornare a casa. In mezzo disservizi,
mancati controlli e qualche simpatico aneddoto che, passo passo, ha condiviso con MeridioNews.
«Ho estrema necessità di tornare
a Catania – scrive Francesca al prefetto e alla Regione – la città in cui ho sia la residenza che il domicilio
professionale, perché a Roma non dispongo più di un alloggio né della possibilità di lavorare». Nella
richiesta di informazioni, Francesca sottolinea che non ha «contribuito all’esodo verso il sud» e che, per
buon senso, ha preferito attendere l’inizio della fase 2. In giornata arriva la risposta della Regione con le indicazioni richieste. Pochi giorni dopo rispondono anche dalla segreteria del prefetto. «La informo – si legge nella mail – che è legittimata a rientrare presso la residenza. È comunque necessario essere in possesso
di autocertificazione».
Dopo avere ricevuto le risposte delle istituzioni, Francesca può organizzarsi
per il viaggio. Sono le 6 del mattino quando la giovane chiama il taxi per arrivare alla
stazione centrale della capitale (stazione Termini) e prendere il treno che la condurrà a Villa San Giovanni, da dove poi salirà a bordo del
traghetto per raggiungere l’isola. «Il tassista mi ha anche fatto i complimenti – racconta Francesca a MeridioNews – “Signorina non ho mai visto nessuno protetto così bene“».
Arrivata a Termini comincia una lunga attesa in fila. La
distanza di un metro non sempre si rispetta. Dopo i controlli della temperatura e l’obbligo di esibire l’autocertificazione, Francesca sale a bordo del treno.
«Al fine di prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus siete invitati a rispettare la distanza di
sicurezza con gli altri viaggiatori e con il personale a bordo del treno». Il ritornello, proveniente dagli
altoparlanti ai lati del vagone, si ripete come un mantra ogni mezz’ora e in prossimità delle
fermate. In teoria, a questo si dovrebbe aggiungere anche un vademecum. «Ho chiesto al personale ma mi hanno risposto che non li avevano ancora appesi in tutti i vagoni», dice la giovane in viaggio che ricorda di averlo visto solo alla stazione Termini.
Il viaggio, tra gel
igienizzante e chiacchiere, prosegue. Seduti, accanto a lei, ci sono un signore sulla sessantina «che – sottolinea – fin da subito, dai discorsi, mi è sembrato un po’
complottista» e un giovane militare. «A prima vista nulla da obiettare per nessuno dei due – racconta – ma poi sono cominciati i problemi con i dispositivi di protezione: leva i guanti-metti i guanti, leva la
mascherina-metti la mascherina: così è impossibile», commenta stizzita Francesca, che è sempre costretta nella sua tuta integrale. Tra parole crociate e qualche nozione di diritto amministrativo, il treno arriva a destinazione.
A Villa San Giovanni. «È qui – racconta la giovane – che ho assistito a uno scontro verbale tra la polizia e un
passeggero in transito. Il punto della questione era che l’uomo non solo non aveva l’autocertificazione compilata ma, in più, non aveva né la residenza né il domicilio in Sicilia». Lasciandosi alle spalle il
momento di agitazione generale, Francesca si dirige verso il porto per imbarcarsi e raggiungere Messina, dove ad
attenderla troverà suo padre, con il quale continuerà il viaggio fino a Catania. Anche qui ci sono lunghe
code e nessun rispetto delle distanze di sicurezza. «Prima di salire sul traghetto – dice – mi hanno
chiesto solo l’autocertificazione, ma non sono stata sottoposta a nessun controllo della temperatura».
Il
viaggio, senza problemi particolari, prosegue sul traghetto. Approdata a Messina, i controlli si intensificano.
E oltre all’autocertificazione, le prendono anche la temperatura. «Quando me l’hanno misurata ho pensato: “Meno di 37, sono salva“», ironizza, ma
neanche tanto. Nessun sintomo di coronavirus, dunque, ma approdata a Messina e salita a bordo
dell’autovettura del padre, decide comunque – e nel pieno rispetto delle norme nazionali -, di occupare il
sedile posteriore per mantenere la distanza di sicurezza. Ormai sono le 19.30 quando Francesca varca la soglia di casa. Ma noi insistiamo: adesso devi registrarti e sottoporti al tampone. «Già fatto – risponde prontamente – ho effettuato la registrazione sul sito siciliacoronavirus.it». E per il tampone,
invece? «Mi ha già contattato l’Asp – replica – a breve mi faranno sapere quando mi faranno il
test: speriamo bene».
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