Roberto Benigni ‘racconta’ la Costituzione

“Solo a un Papa o… a un Buffone è consentito di dire queste cose…”

Con queste parole si è conclusa poche ore fa una delle prove più significative dell’arte di Roberto Benigni, un grande gesto di amore che, privo di ogni retorica, ha scosso la polvere che la politica italiana ha permesso che in questi anni si accumulasse sul testo laico più sacro del nostro Paese.

Il soffio leggero dell’intellettuale che oggi più di ogni altro incarna la parte migliore dell’Italia si è levato alto sino a raggiungere il livello della poesia. Tale infatti è stata la lettura dei “versi” della Carta Costituzionale che sono posti a fondamento e quale riferimento assoluto di ogni altra normazione, costituendo il motivo ispiratore della nostra identità nazionale aperta al mondo. (nella foto a sinistra, Roberto Benigni, tratta da laleggepertutti.it)

Pur aspettando una performance di alto livello, la lettura di oggi ha superato le precedenti, segnando il perimetro dei valori con cui ogni proposta politica che sarà rivolta agli italiani nelle prossime settimane dovrà fare il conto.

Benigni ha di fatto scavato un solco profondo tra le parole vuote di una politica ancorata all’eterno presente e le parole definitive di quanti hanno saputo scolpire il destino dell’Italia con la freschezza di un’immaginazione che solo quanti avevano patito in prima persona la tragedia della dittatura e l’orrore della guerra potevano essere capaci di fare.

Non si spiegherebbero diversamente le straordinarie intuizione che nei primi dodici articoli della Carta traboccano di futuro, prefigurano il mondo come oggi lo conosciamo, anticipano risposte che ancora oggi non si è stati in grado di dare.

Il lavoro come diritto, la tutela della diversità, il decentramento amministrativo e al tempo stesso l’indivisibilità del Paese, il ripudio della guerra, la condanna della pena di morte, la piena e consapevole previsione di rinunciare a parti di sovranità nazionale in nome di un’altra più alta e più sacra che coincida con l’interesse più generale dell’Umanità, oltre le singole generazioni, sono suggestioni che oggi ci appaiono “scontate”, ancorché non praticate e tanto meno raggiunte, ma che, indubbiamente, richiesero agli Estensori una capacità di visione che non è rintracciabile nemmeno nella Costituzione degli Stati Uniti, nonostante in quest’ultima si ardisca persino il riferimento esplicito al diritto alla Felicità.

La Costituzione appare nella narrazione di Roberto Benigni italianissima poiché si collega a quegli elementi irripetibile che contraddistinguono il territorio stesso della Repubblica quali il paesaggio e il patrimonio culturale – non casualmente oggi in larga parte dichiarati “patrimonio dell’Umanità” – altamente spirituale proprio nel modo in cui celebra la laicità, eminentemente educativa nell’uso di un lessico in cui brilla l’individuazione di azioni positive connesse ai verbi “promuovere”, “tutelare”, “assicurare” e moralmente perentorie quali il ripudio della guerra come soluzione alle controversie internazionali e l’indefettibile e solenne garanzia di asilo politico per quanti sono impossibiliti nel proprio paese a godere degli stessi diritti che la Carta fonda e protegge.

Aprendo la porta di una gabbia in cui era rinchiuso un uccello bellissimo, Benigni ha lasciato che esso si alzasse maestoso e solenne e insieme a quello ha portato ciascun ascoltatore in alto, sempre più in alto, sino a veder scomparire, senza dimenticarle, le bassezze e le miserie di una classe politica che da troppo tempo ha perso il contatto con i valori fondanti del nostro Patto di Cittadinanza.

Per due ore si è spenta l’eco dei tanti teatri della politica italiana dove risuonano parole vuote recitate da attori trapassati da tempo, appartenenti a compagnie di avanspettacolo che ripropongono sciattamente e senza memoria copioni che pure un tempo molto lontano furono in grado di suscitare emozioni che generassero una nuova società.

Per due ore i nomi che ogni giorno assediano la nostra attenzione e riempiono con il nulla le pagine dei giornali sono tornati nel vuoto da cui provengono e i volti ad essi corrispondenti, variamente imbellettati da formule abusate e fruste, hanno rivelato le rughe profonde della perversione che Oscar Wilde ha lasciato dipinte, una volta per tutte, nel ritratto di Dorian Grey.

Già più di una volta gli italiani hanno smentito il luogo comune di non essere interessati alla Cultura in prima serata, riservando alle letture dantesche di Benigni veri record di ascolto e sono certo che stavolta gli indici s’impenneranno come non mai, con conseguenze determinanti sulle prossime consultazioni.

Dopo stasera i vari leader (?) che si contendono il voto degli italiani e in particolare quello degli indecisi sappiano che non è più possibile fingere che la Costituzione non sia essa stessa un programma politico che, a differenza di molti altri, ha resistito nei decenni conservando intatta la propria forza evocativa e inalterata la potenza progettuale.

Chi era mai stato in grado di dire, con la stessa disarmante e rigorosa morale, che il riferimento ai colori della Bandiera, apparentemente fuori luogo tra i Principi Fondamentali, volle essere il modo dei Costituenti per abbracciare idealmente in quel drappo tutti gli italiani e le italiane, appartenenti non solo della generazione ad essi contemporanea ma soprattutto alle generazioni future? Credo che alcuno tra i pur eccellenti costituzionalisti che il Paese ha avuto, sia mai arrivato ad una così straordinaria interpretazione dell’art. 12.

Mentre scrivo inizia un nuovo giorno. Segna il mio 56° compleanno. Cerco da alcuni anni di legarne il corso ad un evento particolare, alla lettura di un libro importante sul cui risvolto segno la data, all’incontro con una persona speciale. E un modo per farmi un regalo e per tenere così, più facilmente, memoria del tempo che passa, aggiungendo – come è solito ricordarmi un maestro che non cessa mai di farmene monito – “più vita agli anni e non solo più anni alla vita.”

Anche quest’anno ho avuto il mio regalo e non poteva essere più gradito poiché ho la piena e convinta consapevolezza di condividerlo con milioni di persone che meritano di vivere quel Paese che fu sognato, sembra ieri, con tanta concreta speranza.

 

 

Loris Sanlorenzo

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