Rita e la rivoluzione gentile riferimento di una generazione Il racconto dei giovani sicuri di essere «dalla parte giusta»

«Riusciva a unire mondi che spesso hanno difficoltà anche solo a parlarsi, autonomi e giovanili di partito, boy scout e associazioni studentesche, legalitari e garantisti, comunisti e cattolici, operatori del sociale e giovani imprenditori, oggi tutti dicono sostanzialmente una cosa: quello a fianco di Rita è stato l’unico impegno politico privo di chiaroscuri, spaventosamente cristallino nel suo essere retto, l’unico in cui era a tutti ben chiaro, a prescindere dagli esiti, di essere dalla parte giusta della vita». Non ha dubbi Fabrizio Pedone, classe ’83, tra gli animatori della campagna elettorale che nel 2006 vide la sorella del giudice antimafia sfidare Totò Cuffaro. Un’esperienza, quella della campagna elettorale più partecipata di sempre in Sicilia, così come i precedenti e i successivi anni di militanza civile, rimasta indelebile nelle migliaia di giovani che insieme a Rita hanno percorso un pezzo di strada per costruire una Sicilia differente. 

È così per Maria Pia Erice, che gli anni al fianco di Rita li ha raccontati in disegni, realizzati a Trapani, ma arrivati dappertutto. «Come è diventata riferimento per un’intera generazione di giovani siciliani? Perché c’era. E la sua presenza era dinamica, forte, contemporanea. È stata costruttrice di comunità e modernità in politica. Ha messo al centro le periferie ed è stata una forza rigeneratrice».

Molti dei ragazzi che le sono stati accanto ricordano Rita riportando alla luce l’arrivo in Sicilia del Rita Express, un treno che qualche giorno prima delle regionali del 2006, ha riportato in Sicilia, tappa dopo tappa lungo lo Stivale, oltre mille studenti e lavoratori fuori sede per votare. Ad accoglierli a Villa San Giovanni, per traghettare ancora una volta insieme, c’era proprio lei. «È stata una gioia immensa, un momento di felicità pura – racconta Luca Salici, catanese d’origine, ma residente a Roma -. Eravamo giovani, ci credevamo davvero. Eppure lei era più energica di tutti noi».

«Ricordo il suo sorriso, grandissimo – aggiunge Norma Ferrara – e i suoi occhi lucidi pieni di gioia e di commozione. Dietro di noi ricordo il mare, lo Stretto di Messina, intorno invece oltre mille studenti siciliani arrivati insieme da ogni parte d’Italia, da Trento a Roma. Ricordo quell’incontro sulla nave-traghetto che ci portava in Sicilia dopo oltre 12 ore di viaggio; ricordo di averla vista respirare a pieni polmoni, prendere una pausa prima di parlare. In quei pochi secondi riuscì a guardarci negli occhi, uno per uno… eravamo 1.200. Nel suo discorso ci fu qualcosa di storico, qualcosa di unico. Quella campagna elettorale cambiò la vita di molti di noi».

«È stata una questione digentilezza – aggiunge ancora Luca -, di buone maniere, incarnava una rivoluzione che si può fare in maniera diversa, anche se eravamo in guerra, c’era la possibilità di esserlo in maniera creativa. Non era una guerrafondaia, cercava di costruire una rete e lo ha fatto con gentilezza, anche laddove la politica non è stata affatto gentile con lei».

«Nata il 19 luglio. Così amava definirsi – sottolinea ancora Norma -. Con lei ci siamo accorti di far parte di una generazione, la generazione delle stragi: studenti che avevano dai 10 ai 15 anni quel 19 luglio del 1992. Lei ci ha guardati negli occhi, ci ha incontrati, per tanti anni, come si guarda un albero che vedi crescere libero e speri solo che dia buoni frutti. Si è presa cura di noi, lasciandoci liberi mentre testimoniava nelle scuole, nei contesti pubblici, attraverso libri e interviste una idea di Sicilia che pian piano sentivamo nostra. Una Sicilia lontana dai sistemi di potere, non solo quelli mafiosi».

«Il ricordo più forte – aggiunge Fabrizio – non è legato ad un fatto, ma ad un sentimento, l’onore e l’orgoglio di aver percorso quella strada insieme a lei, e insieme a tutti gli altri che con lei camminavano. Rita era la sorella di Paolo, ma era anche molto altro».

«Ed è riuscita ad essere altro, oltre alla sorella di Paolo, – conclude Maria Pia – quando ha fatto capire a noi siciliani che chi lavora per una società più giusta non appartiene solo a se stesso, ma diventa patrimonio e memoria da conservare e disseminare per le generazioni future. E questo è avvenuto anche per lei. Lei è la Sicilia migliore. Ne abbiamo sentito il fresco profumo di libertà attraverso il suo impegno e le sue parole. Quel profumo ci accompagnerà».

Miriam Di Peri

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