Una proroga per tuffarsi nel 2019, senza però spingersi troppo in là, muovendosi a vista, nella consapevolezza che le cose potrebbero presto mutare. È quanto troveranno sotto l’albero i privati – soprattutto associazioni ambientaliste ma anche l’Università di Catania – che in Sicilia, da anni, gestiscono quasi una trentina di riserve naturali. I siti interessati si trovano in diversi angoli della Sicilia: da Monte Pellegrino, a Palermo, al Biviere di Gela; dall’Isola Bella di Taormina alle Saline di Trapani e Paceco, passando per le Maccalube di Aragona e Torre Salsa, nell’Agrigentino, fino all’Isola Lachea e i Faraglioni di Aci Trezza. A essersene occupate, in questi anni, sono stati il Wwf, Legambiente, Lipu, Cai, Rangers d’Italia, Italia Nostra, Gre e il Centro universitario per la tutela e la gestione degli ambienti naturali e degli agro-ecosistemi (Cutgana) dell’ateneo catanese.
Il provvedimento arriverà a pochi giorni dalla scadenza delle convenzioni stipulate con la Regione. L’ultimo accordo risale agli ultimi giorni del 2016 e, in un primo momento, sarebbe dovuto essere valido per 12 mesi, ma poi si è deciso di posticipare tutto a fine 2018 «soprattutto – si legge in un documento del dipartimento Ambiente – per non pregiudicare l’obiettivo di spesa comunitaria». A differenza del passato, però, la nuova proroga si inserisce in un contesto nuovo, quello che vede la giunta Musumeci intenzionata a riformare l’intero settore. Ed è per questo che il via libera al prosieguo delle gestioni da parte dei privati non prevede una scadenza, ma sarà vincolato alle tempistiche parlamentari.
Da qualche settimana, sul tavolo del governo c’è un disegno di legge a cui ha lavorato lo staff dell’assessore al Territorio, Toto Cordaro, con la collaborazione dei funzionari del dipartimento. Un testo a cui si è messo mano a partire da aprile e che avrebbe già subito diverse revisioni, fino alla versione finale che andrà al vaglio di Musumeci e degli altri assessori, per poi iniziare il percorso delle commissioni all’Ars. Stando alle indiscrezioni che arrivano da Palermo, l’orientamento del governo ricalcherebbe quello che in questo primo anno di esecutivo si è registrato anche in altri settori: una spinta verso la centralizzazione, con il chiaro intento di riportare sotto il monitoraggio degli uffici quanto accade nella periferia dell’Isola.
Per assolvere a questo compito, Musumeci e Cordaro pensano a un’agenzia regionale sul modello dell’Arpa, con una struttura più snella e personale che possa seguire da vicino e con costanza le tematiche riguardanti la tutela delle riserve. In una situazione del genere, le associazioni potrebbero essere esautorate dal ruolo fin qui svolto e venire coinvolte sono in chiave consultiva. Tuttavia, allo stato attuale, non sarebbe da escludere la possibilità di stipulare nuove convenzioni che potrebbero tirare in ballo le realtà che operano nel settore della protezione dell’ambiente. «La possibilità di una gestione pubblico-privata sarà presente anche nella nuova legge», dichiara chi in questi mesi ha avuto modo di vedere evolversi il ddl. Smentito al momento anche il fatto che la riforma arrivi per risolvere una questione legata alla normativa europea e alla necessità di superare gli affidamenti diretti, senza bando, che in passato hanno segnato l’inizio dell’esperienza delle associazioni ambientaliste all’interno dei siti regionali. «Trattandosi di un trasferimento di competenze, non dovrebbero esserci problemi. Su questo è stato chiesto un parere legale», afferma il funzionario.
«Per ora andremo avanti come sempre, ma è chiaro che siamo interessati a capire cosa ci aspetterà nel prossimo futuro – commenta uno dei gestori -. Non è la prima volta che la politica cerca di riformare il settore, ma finora le proposte si sono sempre arenate». L’argomento riserve naturali è più complesso di quanto si potrebbe pensare: «L’Unione europea è decisamente più avanti rispetto alla situazione italiana e siciliana – continua l’ambientalista -. Il cuore di tutto resta la Rete Natura 2000, che supera le differenze tra parchi e riserve. L’Agenzia regionale? Potrebbe essere una buona idea, quantomeno è meglio rispetto all’affidare la gestione agli enti locali. Poi bisogna sempre vedere come viene sviluppata l’intera riorganizzazione; a partire da cosa ne sarà del personale che le associazioni hanno assunto per essere impiegato appositamente nelle riserve».
Per chi in questi anni ha lavorato nei siti naturali, la riforma più importante da fare resta quella di un impegno maggiore specialmente sul fronte finanziario. «Finché la politica non concepirà le riserve come luoghi in cui investire e su cui basare non solo il benessere dei cittadini ma anche il rilancio economico – conclude il gestore – nessuna nuova legge farà miracoli».
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