«La Sicilia e Palermo, come tutto il territorio nazionale, insistono su un territorio sismico» spiega a Meridionews Gianvito Graziano, geologo palermitano, già Presidente dell’ordine nazionale dei Geologi. «C’è un calcolo per la magnitudo massima attesa – calcolata cioè sulla base dei terremoti che si sono verificati a Palermo nel corso degli anni – che da noi è inferiore a sei, 5.6 della scala Ricther. Per la precisione nel settembre del 2002 se ne verificò uno proprio di magnitudo 5.6, la stessa di quello avvenuto nel 1726. In linea di massima comunque, anche se un evento sismico non si può prevedere, Palermo non è una città soggetta a frequenti terremoti».
La fortuna è che «la faglia che potrebbe creare problemi – spiega ancora il geologo – si trova a mare a una distanza di 40 chilometri da terra, questo ci protegge perché l’epicentro non è all’interno della città». Lo stato delle nostre case, come per tutte le città antiche «non è eccellente perché le norme antisismiche subentrarono dopo il terremoto del Belice del 1968. La maggior parte degli edifici costruiti prima di quella data non seguono misure di prevenzione contro i terremoti», spiega ancora Graziano. Oltre agli aspetti strutturali del nostro centro storico c’è un altro fattore legato ai terreni. «Dopo il terremoto del 2002 notammo che la parte sud della città ebbe più danni della parte nord. Il terreno che abbiamo a sud è più tenero e soffice e amplifica l’onda generata dal terremoto. I terreni si possono mappare con la microzonazione sismica. Questi studi servono per capire dove conviene andare a costruire rispetto ad altri».
Per quanto riguarda il dissesto idrogeologico Palermo «ha una serie di problemi rilevanti per quel che concerne la caduta di massi in tutta la zona di Monte Pellegrino e condizioni di pericolosità e quindi esiste un rischio per molte case. Poi c’è il grande problema idraulico irrisolto – aggiunge Graziano – la città si allaga subito, è una sorta di catino. Per fortuna quando piove la circonvallazione fa da diga. Se l’intensità della pioggia aumentasse, l’acqua arriverebbe nel resto della città. I vecchi canali che da monte a valle permettono di far defluire l’acqua sono stati occlusi dalle costruzioni oppure spesso sono ostruiti dall’immondizia». Per arginare il problema occorre «in maniera veloce un piano di manutenzione di questi canali che sono circa sei, tra Bocca di Falco e Passo di Rigano».
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