Riposto, strisce blu affidate a un usurario Indagati il sindaco e il comandante dei vigili

Il servizio delle strisce blu di Riposto affidato a una cooperativa che non aveva i requisiti di legge e di fatto gestita da un pluripregiudicato già condannato in via definitiva per usura. Responsabile, secondo la Procura della Repubblica di Catania, è il comandante della polizia municipale del centro ionico, Giuseppe Ucciardello, sospeso dalla sue funzioni. È sua la firma sul contratto che affidava la gestione degli stalli a pagamento alla cooperativa Porto dell’Etna, le cui quote sono state preventivamente sequestrate e per cui è stato nominato un custode giudiziario.

Indagati oltre al comandante dei vigili urbani, anche il sindaco di Riposto Carmelo Spitaleri, l’assessore Michele D’Urso, Mario Di Bella, attualmente in carcere a Caltanissetta, socio e di fatto il vero gestore della Porto dell’Etna, e la moglie Emanuela Triolo. Le accuse a vario titolo sono di abuso d’ufficio in concorso e turbativa d’asta. Reati che sarebbero stati commessi tra la fine del 2008 e giugno del 2011. Le misure cautelari sono state eseguite dalla compagnia della Guardia di Finanza di Riposto su disposizione del gip di Catania Giovanni Cariolo. Il giudice ha accolto le richieste del procuratore capo Giovanni Salvi e del sostituto Assunta Musella, che hanno condotto le indagini.

Dopo il ciclo dei rifiuti, dunque, anche il servizio delle strisce blu nell’area ionica finisce all’attenzione della Procura. Tutto inizia nel 2009 con l’arresto di Mario Di Bella, condannato in via definitiva, insieme all’ex assessore del Comune di Riposto Giuseppe Tropea, per usura ai danni di un imprenditore locale che per disperazione aveva tentato il suicidio. Gli investigatori non si sono fermati al singolo episodio, scoprendo che Di Bella era socio, nonché il vero burattinaio della cooperativa Porto dell’Etna, vincitrice nel 2008 dell’appalto per gli stalli a pagamento per una durata di due anni, cui hanno fatto seguito numerose proroghe. Nonostante fosse già in carcere, gestiva la società attraverso la moglie a cui dava le direttive per corrispondenza. Era lei personalmente che riscuoteva gli introiti per gli stalli a pagamento e per le multe pagate dai cittadini di Riposto. Mentre il rappresentante legale della cooperativa era Salvatore Tropea, figlio dell’ex assessore condannato insieme a Di Bella.

Gli inquirenti sostengono che la Porto dell’Etna non aveva sin dal principio le autorizzazioni per partecipare alla gara d’appalto, che sarebbe quindi stata pilotata. La società di Di Bella infatti fu l’unica a presentare un’offerta mentre le altre cooperative sarebbero state invitate a farsi da parte. «Appare grave il fatto – scrivono gli inquirenti – che l’illecita conduzione del servizio non sia stata bloccata dall’amministrazione comunale attraverso i funzionari preposti, i quali avrebbero anche dovuto vigilare sulla gestione economica del servizio».

[Foto di alexbravewolf]

Salvo Catalano

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