Quando Edoardo Bennato cantava Abbi dubbi, Davide Faraone aveva 14 anni e la politica era un sogno sfumato dai contorni confusi e poco delineati mentre Fausto Raciti doveva ancora cominciare le scuole elementari. Giuseppe Lupo invece si cimentava già tra politica e sindacato. Dubbi il primo non ne ha avuto quando ha tracciato la rotta scegliendo il secondo come successore di Giuseppe Lupo alla segreteria regionale del Partito democratico, ma oggi tutti e tre nella delicata vigilia delle scelte sulla creazione del quarto governo Crocetta sono accomunati dall’incerta riflessione.
Difficile del resto spiegare alla gente come lo stesso Faraone sia potuto passare con repentina e logorante, altalenante, estemporaneità, dalla partecipazione all’esecutivo, alla critica aperta di Crocetta, spalancando quel corridoio stretto di insidie ed ambizioni che lo stesso Antonello Cracolici ha allargato con abilità e mestiere. Difficile fare comprendere alla gente che ancora si appassiona a queste chiacchiere che domani un partito andrà a domandare la fiducia degli elettori chiedendo di seguirli con attenzione in un dedalo di distinzioni e di sottili distinguo.
Faraone dunque contro sé stesso. Incongruenze di una politica che punta a conservare cambiando e a sostituire schemi tra loro poco digeribili alle gente comune. Fino ad ora il vicerè renziano ha seguito l’inerzia delle cose, incoraggiando il mantenimento dello status quo in maniera non esplicita. Adesso proverà ad indirizzare le cose per come sarà possibile nel quadro generale delineato. E non è detto che ci riesca.
L’ottimismo langue e la paura che possa nascere un governo balneare fuori stagione prende corpo nei dirigenti del Pd che vedono franare l’idea di un esecutivo forte da un lato e devono registrare una contrapposizione netta tra anime diverse di preciso rilievo. La prima che fa capo a Cracolici, la seconda a Lupo. Non è un mistero che qualcuno del Pd in questi giorni, temendo una fase di stallo irreversibile, abbia consigliato a Rosario Crocetta di procedere agli aggiustamenti possibili e lasciare il mondo com’è per tutto il resto. In dettaglio, nominare un assessore alle Attività produttive di suo gradimento e poi definire il quadro con aggiustamenti singoli e non un rimpasto generale. Questo porterebbe alla conferma di molti degli uscenti, ma snaturerebbe la linea proposta dal segretario regionale dei Dem Raciti. Fino a questo momento l’asse tra quest’ultimo e Crocetta è stato solido e ben visibile. Oggi, alla vigilia di quello che viene definito il giorno della verità, potrebbe non bastare nel big bang delle correnti del Partito Democratico, il suggello di questa pace duratura tra il governatore ed il suo partito. I dubbi adesso li hanno in molti.
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