Un finto centro di formazione con base in provincia di Reggio Calabria e sedi in altre parti d’Italia avrebbe rilasciato falsi diplomi che poi non venivano riconosciuti dalle istituzioni. A scoprirlo sono stati i finanzieri e la polizia di Reggio Calabria che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di dieci persone emessa dal gip su richiesta del procuratore generale di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e dei suoi pm per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe, falsi e autoriciclaggio. Nell’operazione, denominata Lucignolo, sono state coinvolte tre donne – una madre e le due figlie – che adesso si trovano in carcere.
Le indagini hanno appurato l’esistenza di altri cinque indagati, residenti in Calabria, Roma, Trani, Terracina e Rho, il gip ha concesso il beneficio degli arresti domiciliari mentre per altri due, uno di Locri e uno di Ribera, in provincia di Agrigento, è stato disposto l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. Gli inquirenti avrebbero fatto luce su una sorta di diplomificio. Gli accertamenti avrebbero consentito alla Procura di delineare l’esistenza e l’operatività del sodalizio criminale dietro la parvenza di un finto centro di formazione internazionale, falsamente riconosciuto e convenzionato con enti pubblici ed università italiane e straniere.
Per i pm si tratta di un’associazione, stabile e strutturata, attiva fin dal 2016 che sarebbe riuscita ad accumulare proventi per milioni di euro, raggirando decine e decine di vittime. L’inchiesta è partita dalle denunce di persone truffate che avevano frequentato alcuni corsi ma i cui titoli non erano stati ritenuti validi nell’ambito di procedure valutative del personale nelle pubbliche amministrazioni.
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