«Abbiamo speso 25 anni della nostra vita e non ce l’ha fatta Salvatore Riina a fare abolire sulla carta bollata il carcere duro ed è morto a 41 bis, questo è quanto dovevamo ai nostri morti». Così Giovanna Maggiani Chelli, dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili del 27 maggio del 1993, commenta la notizia della morte del capo di Cosa Nostra.
Con l’attentato di Firenze, in cui persero la vita 5 persone e ne furono ferite gravemente 48, «Riina ha messo in atto la strage del 41 bis, come la definì il Procuratore Gabriele Chelazzi, per far abolire il carcere duro – prosegue – Tuttavia, fin da quel 1993 e fino ad oggi, i passaggi da 41 bis a carcere normale, hanno denotato quanta forza nell’ambito dello Stato sia stata spesa per assecondare i desiderata della mafia, ma questo è un capitolo ancora tutto aperto. Stiamo aspettando un processo – conclude – per capire chi aveva in quel 1993 promesso a Riina, in cambio di morti, l’abolizione del 41 bis».
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