Riforma delle Province, pronta l’ ‘imboscata’ a Sala d’Ercole?

Leggendo le dichiarazioni di alcuni esponenti politici siciliani abbiamo la sensazione che lo spirito della riforma degli enti intermedi – abolizione delle vecchie Province, da sostituire con liberi consorzi di Comuni, secondo quanto previsto dall’articolo 15 del nostro Statuto – possa essere travisata (volutamente?).

Alcuni esponenti politici parlano di “istituzione dei consorzi di Comuni”. La cosa ci preoccupa, perché l’Ars è chiamata sì ad abolire le vecchie Province, ma non deve affatto costituire i “Liberi consorzi di Comuni”: debbono essere i Comuni siciliani, infatti, a scegliere liberamente con chi dare vita ai consorzi.

Il passaggio è fondamentale. Ci manca pure che Sala d’Ercole istituisca per legge i “liberi” consorzi di Comuni! Qualunque imposizione alla volontà dei Comuni su come organizzarsi si configurerebbe come un tradimento dell’articlo 15 dello Statuto.

Già la Sicilia ha alle spalle pessime esperienze in fatto di consorzi tra vari soggetti, pubblici e privati, istituiti dall’alto. Basti pensare al fallimento dei distretti turistici. Parliamo di una legge regionale senza né capo né coda di circa un decennio fa, che volle, a tutti i costi, istituire, per legge – sul modello ‘sovietico’ – associazioni tra soggetti pubblici e privati che avrebbero dovuto rilanciare il turismo in Sicilia. Risultato: un totale fallimento .

Come abbiamo scritto a commento di un intervento di Guseppe Scianò, ci lascia molto perplessi, ad esempio, l’idea che i nove capoluoghi di provincia debbano restare “capofila”. Capifila di che? Così come si sembra assurda l’imposizione di un minimo di 150 mila abitanti per ogni libero consorzio di Comuni. Se si impone il numero degli abitanti a un consorzio dov’è la libertà?

Facciamo un esempio. I Comuni delle Madonie potrebbero decidere di costituire un consorzio tra tutti i centri montani e collinari. Non avrebbero nulla a che spartire con Palermo (e sarebbe ora, perché con la scusa che c’è Palermo i madoniti hanno perso pure l’assistenza sanitaria: e questa è una vergogna!). E non arriverebbero a 150 mila abitanti. Ma avrebbero tutto il diritto di costituirsi in libero consorzio per tornare a organizzare i servizi che la Regione gli ha tolto (sanità) e che la Provincia di Palermo non gli ha mai dato.

Noi ci auguriamo che su questi punti si faccia chiarezza. Ecco, non vorremmo che tutta questa confusione che si sta creando attorno a una riforma semplice – prevista dall’articolo 15 dello Statuto, che è formulato in modo chiaro – sia funzionale a qualche ‘scherzetto’ d’Aula.

Non vorremmo, insomma, che, a furia di creare confusione, a Sala d’Ercole, al momento del voto sull’abolizione delle nove Province regionali, muto tu e muto io, magari nel segreto dell’urna, la riforma venisse ‘impiombata’. Sarebbe veramente un brutto segnale.

La riscossa siciliana, Crocetta: “Sì all’articolo 37 dello Statuto. Roma? Ce ne freghiamo”
Province siciliane tra luci (poche) e ombre (tante)
Ars, addio alle Province, tocca all’articolo 15 dello Statuto

 

Redazione

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