A una settimana dalla scadenza della vecchia proroga arriva quella nuova. E stavolta dura sei mesi. Continuerà a essere il consorzio Ipi-Oikos a gestire la raccolta dei rifiuti nel Comune di Catania, almeno fino al 15 dicembre. Con un contratto scaduto il 19 febbraio e prorogato già una prima volta fino al 30 giugno. Adesso la giunta comunale fa il bis e sceglie di nuovo di continuare con il sistema attuale, per scongiurare il rischio di un’emergenza igienico-sanitaria. Nonostante già alla fine di aprile il Tar – a cui avevano fatto ricorso le ditte Ipi e Oikos – si fosse espresso duramente: «Resta fermo per il Comune il preciso obbligo di avviare concretamente, entro la data prevista di cessazione della disposta proroga, e nelle forme di legge, la procedura di gara per il nuovo affidamento del servizio, quanto meno con la pubblicazione del bando di gara», scrivevano i giudici amministrativi. Eppure, col limite del 30 giugno che incombe, il bando ancora non c’è. «Stiamo attendendo l’Urega, lo pubblicheremo prestissimo», garantisce l’assessore all’Ecologia Rosario D’Agata.
Eppure a mancare non è soltanto il parere dell’ufficio regionale che si occupa di bandire le gare d’appalto. Il nuovo piano di raccolta dei rifiuti è stato votato e approvato in consiglio comunale l’1 giugno. E ancora non è arrivato il necessario sì dell’assessorato all’Ambiente della Regione Sicilia. Quest’ultimo potrebbe anche decidere di apportare delle modifiche al piano, con la conseguente necessità di apportare cambiamenti anche alla gara d’appalto. «Sono due procedure e due approvazioni che procedono parallelamente. Intanto pubblichiamo, poi aggiustiamo – chiarisce D’Agata – Nel bando prevediamo una dicitura in cui si precisa che è suscettibile dei potenziali cambiamenti che potrebbero arrivare da Palermo». Una procedura inaspettata, che minaccia di far storcere il naso a chi da mesi chiede chiarezza sul piano d’intervento e sulle procedure di aggiudicazione dell’appalto. Anche perché il nuovo servizio durerà per sette anni e costerà al Comune una cifra che supera i 100 milioni di euro.
«Abbiamo inviato la richiesta di proroga sia alla prefettura di Catania sia all’Autorità nazionale anticorruzione, ma non dovrebbero esserci ostacoli», conclude l’assessore. Con l’appalto dei rifiuti, però, gli ostacoli sono dietro l’angolo. Il primo, nel 2014, è l’inchiesta Terra mia della procura di Palermo, su un presunto sistema di corruzione per la gestione dei rifiuti. Agli arresti finisce Domenico Proto, numero uno della Oikos. Pochi giorni dopo, la prefettura rende noto che alla Ipi era stata inviata un’interdittiva antimafia a giugno 2014, mentre quella per la Oikos era arrivata due mesi dopo. A questo punto il contratto catanese avrebbe dovuto essere sciolto. Ma per evitare «problematiche igienico-sanitarie nonché di ordine pubblico», la prefetta Maria Guia Federico concede all’amministrazione etnea tre commissari. Che gestiscono l’azienda tutt’ora.
Ed è contro l‘amministrazione commissariale che le aziende si scagliano in più circostanze. Rivolgendosi al Tribunale amministrativo regionale per lamentare ingenti perdite di carattere economico. Il Tar, pur comprendendo le motivazioni di Ipi-Oikos, respinge il ricorso perché il guadagno dei privati deve essere considerato «recessivo rispetto al pubblico interesse al regolare espletamento del servizio di raccolta dei rifiuti nel territorio di riferimento». In altri termini: di fronte al rischio che i cassonetti non venissero più svuotati, con il conseguente accumulo di spazzatura sulle strade etnee, le rimostranze delle aziende passano in secondo piano. Sempre i giudici amministrativi, però, intimano al Comune di bandire la gara entro il 30 giugno. Una scadenza vicinissima, in attesa della quale Ipi e Oikos potrebbero nuovamente decidere di rivolgersi alla giustizia.
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